Quando la storia entra… dai piedi: riscoprire la via Iulia Augusta (I parte)

di Francesca Giraldi – Nel 13 a.C. l’imperatore Augusto, ormai concluse le estenuanti campagne per la sottomissione delle popolazioni alpine, comandò che si procedesse alla costruzione della strada Iulia Augusta, un percorso che avrebbe permesso un rapido collegamento tra la Pianura Padana e il sud della Gallia. Tale strada da Piacenza (Placentia) a Tortona (Dertona) ricalcava l’estremo tracciato della via Postumia, e per giungere fino a Vado (Vada Sabatia) sfruttava il percorso dell’ex Aemilia Scauri. Da Vado, seguendo quasi sempre la linea della costa, attraversava il Ponente Ligure fino a giungere in Francia, tra Mentone e Nizza, nel punto dove le Alpi si affacciano sul mar Ligure e dove, a cameo della strada, e come simbolo eterno della sottomissione a Roma, Augusto fece costruire il grande monumento de La Tourbie, tra il 7 e il 6 a.C.

Riconoscere con certezza il tracciato della via Iulia Augusta è oggi molto difficile, anche se possono venirci incontro alcuni indizi. Prima fonte di informazione sono le testimonianze scritte, come l’Itinerarium Antonini, una guida stradale del III sec. d.C., che elenca le località toccate dalla via e le relative distanze intermedie, e la Tabula Peutingeriana, un’antica carta stradale di tutto l’Impero Romano, dipinta nel IV sec. d.C., che riporta, per sommi capi, l’andamento della strada e le principali località attraversate. Appurato che i percorsi romani con molta frequenza si mantengono pressoché invariati durante i secoli successivi, si possono trovare ulteriori spunti anche nella cartografia storica e nei documenti d’archivio. Un ulteriore aiuto ci è dato dalla persistenza di alcuni edifici di culto e funerari, che fin dai tempi dei Romani venivano collocati lungo gli assi viari principali, o dalla presenza di infrastrutture come ponti. Il maggior aiuto ci viene però dalla ricerca di scavo archeologico.

Per quanto concerne il territorio ligure, gli unici lembi del tracciato originario si possono identificare nel territorio di Finale Ligure e in quello di Albenga, l’antica Albingaunum, dove la strada attraversava da nord a sud l’intera piana.

All’incirca all’altezza dell’attuale svincolo che dall’Aurelia permette di raggiungere il centro urbano, la via Iulia Augusta, più conosciuta in città con il nome di “via Romana”, fletteva maggiormente verso la costa e, grazie ad un ponte, il cui tracciato è ricalcato dal più recente Ponte Lungo, guadava il fiume Centa, il cui corso fu spostato più a sud, nell’attuale sede, solo intorno alla metà del XIII sec.

Superato il fiume, proseguendo sul percorso principale si giungeva alle soglie del centro urbano, oppure si poteva imboccare un tracciato secondario che attraversava i territori limitrofi alla città e conduceva in prossimità di Porta Torlaro. Rimanendo invece sulla via Iulia Augusta, con un percorso quasi rettilineo, sfruttato ancora oggi e coincidente con Viale Pontelungo, si giungeva a Porta Molino, principale accesso alla città, soprattutto in epoca medievale. Lungo questa via, si costeggiava il complesso cimiteriale di San Vittore, di epoca paleocristiana, e la necropoli settentrionale, resa famosa per il ritrovamento del grande piatto in vetro blu.

Qualche metro prima della necropoli, esattamente all’angolo dell’incrocio tra Viale Pontelungo e l’attuale via del Roggetto, nel 1999 venne in luce un tratto di selciato stradale. Ad una profondità di circa tre metri dal piano di calpestio attuale, si scoprì un manto stradale realizzato grazie a ciottoli di fiume legati per mezzo di malta. L’importanza della strada fu subito evidente, infatti la larghezza di circa quattro metri e venti riconduceva alle misure standard adottate per le grandi vie di comunicazione romane e, inoltre, il fatto che non vi fosse alcuna traccia di una sistemazione stradale anteriore avvalorava maggiormente la scoperta.

Giunti alla soglia di Porta Molino, accesso al cardine massimo della città, vi do appuntamento alla seconda parte della nostra ricostruzione viaria!

* Terre e Orizzonti: la rubrica Corsara di Francesca Giraldi