Il rock… musica di un’altra epoca?

di Alfredo Sgarlato – Non fidarti di chi ha più di trent’anni, dicevano i rockettari e gli hippies negli anni ’60. A leggere le classifiche annuali dei dischi migliori si direbbe che il motto sia diventato: non fidarti di chi ne ha meno di sessanta. Quali sono gli artisti più votati? Bob Dylan (classe 1941), Neil Young (1945), Bruce Spingsteen (1949), Scott Walker (1944), Leonard Cohen (1934!). L’anno scorso dominava Tom Waits (1949). I nomi più underground sono quelli degli Swans, o di Mark Lanegan, personaggi di generazioni più recenti, ma sempre musicisti che erano in giro già quando io ero al liceo.

Il rock è allora musica da vecchi? Certo, i musicisti citati sono indiscutibili. Scott Walker fa un disco ogni dieci anni e lo fa più avanti musicalmente di chiunque (non lo conoscete? Ascoltatelo e cadranno molti miti…), così Leonard Cohen; poi va detto che non sono più gli anni del punk quando la critica era presa da furore iconoclasta e spazzava via tutto quello che non fosse abbastanza alternativo. Però spulciando le classifiche si vede che anche i nomi più “nuovi” come Jack White (ex White Stripes), uno che comunque ha debuttato nel millennio scorso, o i Black Keys, persino fenomeni puramente costruiti come Lana Del Rey, propongono una rivisitazione di musiche molto alle radici, blues, soul, country.

La polemica sull’ “è stato già detto tutto” non è interessante. Quello che mi chiedo è se il destino del rock sia lo stesso del jazz e dell’opera, ovvero musica per quarantenni laureati o al massimo per ragazzi di buona famiglia. Il rock musica dei giovani in Italia non lo è mai veramente stato, i miei coetanei, la maggioranza intendo, ascoltavano i cantautori o la discomusic; il rock, per i più spericolati il jazz, era appunto la musica che piaceva ai primi della classe di buona famiglia, altro che l’immaginario teppista che il rock si porta dietro. Così i ragazzi di oggi, almeno la maggioranza, ascoltano rap e techno. I bravi studenti di liceo classico ascoltano il rock che, comincio a sospettare, hanno ascoltato nei dischi non dei genitori ma dei nonni.

Cos’è successo nel frattempo? Non esiste più il conflitto generazionale: per chi ascoltava Elvis era vecchiume Sinatra e per chi aveva Beatles o Stones era superato Elvis e così via decennio dopo decennio. Il rock nel frattempo è cresciuto e da musica per feste di adolescenti arrapati è diventato musica colta. Poi ha trionfato il postmodernismo nella sua forma più corriva (ossia tutto è uguale a tutto perché può sempre piacere a qualcuno, vedi la rivalutazione del cinema trash fatta da Giusti e Veltroni) e i padri sono diventati mammi, per cui i figli non si ribellano più. E ascoltano musicisti non della propria generazione ma di quella dei nonni. E se i nonni sono Leonard Cohen o Neil Young fanno benissimo, purché si continui anche a scavare nell’underground, quello nuovo e quello vecchio.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato