di Franco Astengo – Dopo qualche settimana di attenzione esclusivamente rivolta, da parte degli analisti, al prossimo esito delle elezioni senatoriali in Lombardia e in Sicilia, regioni considerate (giustamente) decisive per la possibile composizione della futura maggioranza di governo, i riflettori dei “media” si sono spostati nuovamente verso il futuro possibile esito complessivo della competizione elettorale prevista per il prossimo 24 Febbraio.

Uno spostamento nell’interesse che si è verificato in coincidenza con la recente trasmissione TV che ha visto Berlusconi protagonista in “partibus infidelium”: uno spostamento d’interesse che ha dimostrato, ancora una volta, il peso preponderante del mezzo televisivo nella formazione dell’opinione pubblica e dei processi politici (il web, che nelle vicende politiche sta sicuramente rappresentando un mezzo molto utilizzato, pare, infatti, destinato a giocare un ruolo nella costruzione di “community” dialoganti, quasi come sede di sezioni di partito virtuali).

È il caso allora di analizzare le prospettive generali dello scontro in atto, muovendoci sul terreno della comparazione con l’esito delle elezioni 2008, le uniche con le quali possa essere svolto un paragone sul piano dell’omogeneità sia rispetto alla base elettorale, sia rispetto alla dimensione territoriale.

Prima di tutto, fermo restando in vigore quest’orrido sistema elettorale, le elezioni 2013 segneranno rispetto a quelle 2008 un sicuro elemento di novità.

Cinque anni fa si delineò, infatti, una netta prevalenza dello schema bipolare (che si tentò addirittura di ridurre a bipartitico) con la sola variante rappresentata dall’UDC (in una dimensione numerica molto ridotta).

Adesso si può facilmente prevedere il ritorno a uno schema di tipo multipartitico (sorge a questo punto il tema relativo all’eccesso di dimensione del premio di maggioranza alla Camera, ma si tratta di un aspetto da affrontare in una sede diversa da questa) con almeno 5 soggetti in lizza per ottenere seggi: il centro-destra basato sulla consueta alleanza PDL-Lega (più aggregati minori, in ispecie al Sud), il centro raccolto attorno a Monti ma che alla Camera presenterà tre liste, il movimento 5 Stelle, il centro-sinistra imperniato sull’alleanza PD-Sel (più altri soggetti minori) e la variopinta alleanza tra giustizialisti e soggetti residuali della ex-Sinistra Arcobaleno stretti attorno alla figura dell’ex-magistrato Ingroia.

Il vero protagonista dell’esito elettorale dovrebbe, però, essere rappresentato dalla crescita dell’astensionismo.

In tutte le rilevazioni di sondaggi svoltesi nel corso degli ultimi mesi la somma di indecisi e potenziali astenuti si è sempre più avvicinata alla quota del 40%, record assoluto nella storia elettorale della Repubblica.

Molti pensano che alla fine il richiamo della campagna elettorale riporterà molti all’ovile della espressione di un voto, purtuttavia è il caso di ricordare che, nel corso delle tornate amministrative svoltesi nel corso di questi anni, l’astensione effettiva è risultata superiore a quella prevista dai sondaggi: in Sicilia i voti validi sono scesi al di sotto del 50%, il Sindaco di Genova, alla fine, è stato eletto con il 22% dei voti rispetto al totale degli aventi diritto.

Nel 2008 parteciparono al voto l’80,5% delle cittadine e dei cittadini iscritti nelle liste, per un totale di 36.452.286 voti validi (al netto quindi di schede bianche e nulle, per le quali non si prevede un particolare incremento).

Un’astensione attorno o appena al di sotto del 40% ridurrebbe, quindi, la quota di voti attorno ai 30.000.000 (al netto sempre di schede bianche e nulle, da considerarsi come non valide).

Rispetto al 2008 verrebbero così a mancare all’appello circa 7.000.000 di voti, facendo toccare la somma di astensione, schede bianche e nulle il tetto, all’incirca al numero di 20.000.000 di elettrici ed elettori che potrebbe compiere questo tipo di scelta.

Verifichiamo, allora, dove, stando alla media della rilevazione effettuata per i diversi sondaggi e al trend palesatosi nel corso delle tornate amministrative, si sono presumibilmente collocati questi voti che potremmo definire “in aspettativa”.

La somma PDL-Lega Nord è valutata, in questo momento, attorno al 22% che corrisponderebbe, in cifra assoluta, a circa 6.600.000 suffragi. Ne mancano all’appello, su questo versante, circa 10.000.000.

Il “Centro” è valutato sul 15%, quindi un totale di 4.500.000 voti, oltre 2 milioni in più rispetto a quelli ottenuti dall’UDC nel 2008.

Il centro-sinistra (PD e SeL) è quotato attorno al 35%, si tratterebbe quindi di 10.500.000 voti, con un calo di 3.000.000 di voti rispetto a quelli ottenuti dall’alleanza PD-IdV, cinque anni fa (un caso, questo, se si verificasse davvero il successo del centro-sinistra di classica “vittoria in discesa”).

È possibile valutare la quota percentuale effettiva del Movimento 5 Stelle attorno al 10%, corrispondente a 3.000.000 di voti non comparabili con alcun schieramento presente nelle passate elezioni.

La lista Ingroia per ottenere il quorum dovrebbe, quindi, raccogliere 1.200.000 voti, circa 100.000 in più di quelli ottenuti dalla Lista Arcobaleno (che si posizionò al 3,1%, però su 37 milioni di voti validi circa).

Debbono essere considerate, ancora, le possibilità di raccolta di voti da parte di formazioni minori che non paiono allo stato attuale essere in grado di ottenere seggi, salvo alleanze con i poli più forti (potrebbe essere il caso della Destra con il PDL): da tener conto che, nel 2008, 23 formazioni di vario peso e schieramento ottennero complessivamente circa 2.800.000 (il 5,5%) voti del tutto inutili dal punto di vista dell’utilizzo in chiave parlamentare, il cui spazio adesso dovrebbe essere ridotto a circa 2.000.000 di voti.

In pratica, secondo lo schema fin qui seguito, resterebbero da recuperare, dagli indecisi e dagli astenuti dichiarati e compresi i voti potenziali delle liste minori a circa 9.000.000 di suffragi. Ritengo, infatti, che la quota delle liste minori sia comunque in palio dato il mutarsi dello scenario nel corso dei 5 anni, in quella parte del sistema politico.

Di questi 9.000.000 di voti è prevedibile, appunto, che una parte rilevante rimanga comunque nell’alveo del non voto, del quale tutti gli analisti concordano nel dare per certa la crescita rispetto ai 13.000.000 di elettrici ed elettori che l’hanno considerata nel 2008 la loro scelta politica.

Valutata, ancora, la scarsità numerica nei passaggi da un fronte all’altro anche nel tempo del bipolarismo (soltanto 300.000 – 400.000 elettrici ed elettorali, di volta, in volta, sono stati in grado di compiere scelte di vero e proprio mutamento di campo, il resto della volatilità è sempre rimasto interno allo schieramento di precedente appartenenza), il confronto vero sotto questo aspetto si giocherà tra PDL e Lega e il centro di Monti, avendo probabilmente PD-Sel fatto già il pieno, in entrata e in uscita.

Per PDL-Lega l’obiettivo dovrebbe essere quello di recuperare almeno 5.000.000 di voti, riducendo alla metà il potenziale della crescita delle astensioni e riportando così il totale dei voti validi al di sopra della soglia minima del 60%.

5.000.000 di voti da strappare a quel “ventre molle” che vive la politica soprattutto come spettacolo televisivo e che il progressivo inasprirsi della crisi economica (si tratta in prevalenza di casalinghe e pensionati) ha fatto slittare nell’astensionismo (c’è poi una quota di indignados per via degli scandali offerti dal ceto politico, ma in questo caso, mi permetto di vedere il recupero molto più difficile).

All’interno di questo possibile movimento di voti ci stanno anche, ovviamente, anche gli esiti lombardi e siciliani, ma per adesso cerchiamo di seguire con il massimo dell’attenzione lo spostamento generale nei flussi di voto.

In conclusione : per il PD, dopo aver attivamente contribuito a mantenere la legge elettorale vigente, in questo momento conviene che il tasso di disaffezione dal voto rimanga molto alto, almeno per ottenere alla Camera quella “vittoria in discesa” cui ho già fatto cenno (torno a far rimarcare del resto come le “primarie” siano servite a costruire una semplice rete di attivisti.) L’esaltata partecipazione, è bene ricordarlo, ha toccato, nella sua punta massima, tra primo turno, ballottaggio, “parlamentarie” circa il 6% dell’intero corpo elettorale.

* Franco Astengo – Savona, politologo