di Franco Astengo – La gran parte degli analisti politici si sofferma, in questi giorni, sulle prospettive dei diversi schieramenti che stanno attrezzandosi in vista, prima della scadenza della presentazione delle liste (20-21 Gennaio) e successivamente della campagna elettorale che avrà come traguardo l’esito del 24-25 Febbraio: utilizzando molte delle osservazioni fin qui espresse ho provato, allora, a disegnare uno “scenario di partenza” riferito esclusivamente, sia chiaro, alle dinamiche politico – elettorali e non rivolto all’insieme di esigenze di contenuto programmatico che, pure, all’interno della gravissima crisi che stiamo vivendo dovrebbero essere analizzati con grande attenzione, anche per verificare le contraddizioni evidenti, sotto quest’aspetto, in ciascun schieramento (da qualche parte ci si sta comunque attrezzando per un monitoraggio costante al riguardo dell’analisi tra le politiche svolte da ciascun partito fino a questo punto, i programmi elettorali e lo sviluppo del dibattito).

La prima considerazione di merito che mi pare opportuno sviluppare riguarda la mancata modifica del sistema elettorale: il mantenimento in vita del sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento e premio di maggioranza escogitato nel 2005 con l’obiettivo di rendere meno netto la probabile sconfitta del centrodestra di allora potrebbe provocare un esito paradossale, quello di non corrispondere alla finalità di fondo che il sistema elettorale stesso presenta – il mantenimento di uno schema bipolare (che nel 2008 entrambi i principali contendenti tentarono di ridurre, addirittura, a bipartitico, cedendo poi a un inefficace metodo di alleanze “ridotte” , il PDL con la Lega, il PD con l’IDV che risultò, alla fine, determinante per l’esito in quanto la Lega Nord contribuì in maniera decisiva ad allargare il divario tra i due schieramenti) trovandosi di fronte proprio a un quadro che segnerà, comunque, la fine proprio di quello schema, presentandosi infatti un nuovo quadro di tipo multipartitico.

È facilmente prevedibile, infatti, la presenza nel futuro Parlamento di almeno quattro poli: il centrodestra “classico” (se sarà raggiunto, come probabile, l’accordo tra PDL e Lega) , l’alleanza PD-SeL (che i sondaggi danno in grado di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera con una quota di voti stimata oggi da Renato Mannheimer attorno al 38%-39%, quindi usufruendo di un’aggiunta di premio di oltre il 15%), il “Nuovo Centro” oggi quotato attorno al 15%, del quale comunque il Presidente del Consiglio uscente dovrebbe sortire come azionista di maggioranza, e il Movimento 5 Stelle che, analisi un po’ facilone danno in picchiata rispetto a sondaggi altrettanto grossolani – a mio giudizio – usciti qualche tempo fa e che comunque si colloca ben oltre il 10% dei voti. Potrebbe aggiungersi, in questo quadro, anche “Rivoluzione Civile” che in questo momento si colloca secondo stime attendibili attorno al 3%, essendo difficile valutare quanto possa provenire a questa lista dal voto già “consolidato” di formazioni storiche come il PRC e l’IDV: se dovesse provenire, da quei soggetti, una quota consistente del precedente patrimonio di suffragi in loro dotazione, pur in calo negli ultimi tempi. In questo caso allora il conseguimento del quorum al 4% alla Camera potrebbe risultare accessibile.

Una contraddizione stridente, quella tra gli effetti di questa strampalata legge elettorale e il quadro politico reale, in quanto può essere prevedibile che, in questa occasione alla Camera dei Deputati il premio sia davvero “di minoranza” e che un quadro di forze politiche complesso e articolato come quello che potrebbe essere presente in aula resti compresso, dal punto di vista della rappresentanza, nella spartizione de soli 290 seggi di minoranza. Si può senz’altro affermare, al di fuori da qualsiasi visione ideologica, che ci troviamo di fronte ad un’esagerata affermazione del concetto di “governabilità”, da correggere al più presto. In ogni caso ci troveremo con un sistema parlamentare sicuramente “in sofferenza” e riprenderanno gli spostamenti , più o meno “tattici”, all’interno dell’aula per costruire equilibri diversi.

Si tratterà di un fatto fisiologico, dipendente soltanto in parte da ciò che accadrà al Senato : il possibile esito delle elezioni nel secondo ramo del Parlamento costituisce, infatti, l’altro elemento di vero e proprio paradosso in questa vigilia elettorale.

Un sistema elettorale, infatti, che prevede un uso così anomalo del premio di maggioranza (in realtà di minoranza) in un ramo del Parlamento è congegnato in modo di far sì che nell’altro ramo (in un regime, ricordiamolo, a bicameralismo “ridondante”) possa realizzarsi una maggioranza diversa, senza che – come negli USA – ci sia il presidenzialismo e il rinnovo parziale delle Camere a metà mandato in nome di un “power of balance” che da noi non esiste.

L’elezione del Senato della Repubblica si colloca, quindi, al centro dell’attenzione di tutti gli osservatori in una dimensione molto curiosa: quella del cercare di prevedere il risultato delle minoranze, regione per regione, per capire se ci sarà, in particolare in quelle regioni ritenute decisive (Lombardia, Veneto, Sicilia) una spartizione dei seggi dalla parte – appunto- risultata minoritaria, tra due o più soggetti.

Paradossalmente, ha già notato qualcuno, Berlusconi, vincendo in Lombardia, potrebbe favorire – alla fine – il disegno di Monti che, partecipando in quella Regione alla divisione dei seggi assieme al M5Stelle potrebbe fare in modo che il PD risulti, alla fine, costretto a cercare un’alleanza fuori dal quadro presentato agli elettori.

Nella sostanza il quadro di partenza presenta due elementi di oggettiva difficoltà, dal punto della rappresentatività del futuro Parlamento e della capacità di espressione di maggioranze definite e consolidate : alla Camera un quadro non corrispondente ai reali rapporti di forza presenti nel Paese nel senso del superamento del quadro bipolare; al Senato l’impossibilità di espressione di una maggioranza coerente con l’altro ramo del Parlamento e di conseguenza la formazione di un Governo di composizione “anomala” rispetto a quella indicata agli elettori.

Senza considerare, ancora, il peso che, sulla legittimità delle istituzioni rappresentative, avrà l’astensionismo: giustamente è stato fatto osservare, in queste ore, come la previsione di diserzione dal voto stia riducendosi via, via, che si chiariscono al meglio gli schieramenti e le candidature. Purtuttavia è ragionevole pensare che, nelle condizioni date di forte crisi economica, d’insufficienza nella capacità dei soggetti politici di esprimere radicamento sociale, di una legge elettorale che – ancora una volta – non consentirà alle elettrici e agli elettori di scegliere tra i candidati (verificheremo, tra l’altro, quale sarà l’impatto sui partiti che hanno svolto le cosiddette “primarie”, PD e SeL, nel caso di manipolazione delle liste rispetto ai risultati emersi dalle primarie stesse), la quota di astensione dovrebbe superare largamente il 30%, rappresentando il record nella storia delle consultazioni a livello legislativo generale, nella storia della Repubblica.

Quale potrebbe essere l’esito di questa possibile non rispondenza tra la volontà dell’elettorato e il verdetto sanzionato dalle procedure previste dal sistema elettorale?: è prevedibile una ripresa di forte fibrillazione tra i diversi soggetti politici, alle prese tra l’altro con la difficilissima situazione economico- sociale.

Potrebbe trattarsi, insomma, di un’altra legislatura più o meno “breve”. E la cosiddetta “sinistra d’alternativa” ? Mi pare, in estrema sintesi, che abbia rinunciato a giocare le carte di un’identità che pure poteva essere espressa all’altezza delle contraddizioni dell’oggi, confluendo in una conformazione diversa nell’idea dell’agire politico (fortemente condizionato dal personalismo), nella qualità delle opzioni programmatiche, nella possibilità di espressione di un personale rinnovato e collegato davvero alle lotte reali che, nel Paese, si stanno conducendo.

Si tratta di una prima impressione, ma ben radicata e credo difficilmente smentibile dai fatti così come questi si stanno verificando nell’attualità.

* Franco Astengo – Savona, politologo