Political Essay – UN PRIMO COMMENTO ALLE PRIMARIE DEL PD

di Franco Astengo – Alla fine, evaporati i fumi delle “code”, i numeri hanno ridimensionato la portata della partecipazione al voto alle primarie del PD svoltesi domenica 25 Novembre: nella concitazione delle ultime ore ci si era lasciati andare a una previsione di oltre 4 milioni di partecipanti, ridotta poi al computo finale a circa 3.100.000, più o meno quanti parteciparono nel 2009 alla stessa operazione, riguardante però l’elezione del segretario del Partito e non quella del “capo della coalizione” di centro – sinistra.

Sono stati appena diramati i risultati ufficiali e quindi disponiamo di una base certa di ragionamento.

Il PD e lo strumento delle “primarie” tengono botta, anche in tempi di forte difficoltà dal punto di vista della partecipazione politica: si tratta di un dato innegabile che deve essere sottolineato.

Dal punto di vista della percentuale degli elettori (il riferimento è quello delle elezioni precedenti) le primarie 2012 si collocano in flessione rispetto alle occasioni precedenti: ha votato, infatti, il 22,64% degli elettori di PD-IdV alle politiche del 2008 (unico dato certo comparabile), in luogo del 25,65% del 2009, del 29,78% del 2007 (Veltroni) e del 26,80% del 2005 (Prodi).

Bersani, infatti, alla fine ha ceduto rispetto ai dati della sua elezione a segretario del 2009, oltre 200.000 voti (ne aveva ottenuto 1.623.239 adesso si colloca al di sotto di 1.400.000).

Ma è la dislocazione geografica del voto che smentisce lo sfondamento delle primarie “in partibus infidelium”, occasione per catturare elettori collocati “da un’altra parte” in precedenza.

Il successo ottenuto da Renzi in alcune regioni del centro notoriamente “rosse” (compresa la Toscana da cui Renzi proviene) indica due elementi di riflessione.

La prima riguarda il fatto che il PD ha sostanzialmente “consolidato” ancora una volta il proprio bacino elettorale più o meno tradizionale.

Di conseguenza, in vista delle elezioni politiche del 2013 e fatta salva l’incognita della legge elettorale, l’incognita vera riguarderà gli assetti – ancora incerti – del centro e della destra, laddove si è verificato – in questa fase- un vero e proprio “vuoto” sia dal punto di vista della struttura, sia dal punto di vista della leadership.

Risulterà così del tutto decisivo il ruolo del presidente del Consiglio Monti: certo che una sua presenza di qualsivoglia tipo o richiamo nell’agone elettorale rappresenterà un bel problema per chi ne ha sostenuto pedissequamente l’operato di governo.

In secondo luogo, sempre rispetto al PD, emerge una questione relativa alla struttura interna del partito.

Di là dalle facili affermazioni: ”non era il congresso del partito”, e la forma-partito del PD, appare ormai evidentemente modellata sul sistema delle “primarie” quale nuova versione di “partito leggero” con la pretese dell’”acchiappatutti” personalistico, quindi capace di vivere da un appuntamento elettorale all’altro al di fuori da qualsivoglia capacità di elaborazione politica che, evidentemente, sarà demandata ai tecnici di turno. Un partito popolar-tecnocratico la cui gestione risulterà particolarmente complessa, a dir poco.

Infine il voto che si è espresso a favore di Vendola: alla fine il Presidente della Regione Puglia si attestato al di sotto della soglia dei 500.000 voti, una quota del tutto insufficiente per garantire l’autonomia politica di SeL all’interno della coalizione (perché era questo, ritengo, il dato che maggiormente poteva interessare, considerata del tutto avventuristica la fase che potremmo definire “dell’OPA sul PD”, risalente al periodo in cui il Presidente della Regione Puglia pareva disporre di carte importanti sul terreno della leadership del centro sinistra).

Considerato che i voti raccolti da Vendola debbono essere ricondotti ad una area politica molto precisa al di fuori da “contaminazioni” di voto assolutamente non rivendicabili, si possono già definire come una quota lontana dalla possibilità di conseguire agevolmente il “quorum” alle politiche (ci vorranno, al 4%, su 30 milioni di voti validi circa 1.200.000 voti).

Si aprirà probabilmente il dilemma previsto: confluenza nella lista del PD per garantire il posto da deputato a qualche componente del “cerchio magico” e quello di Commissario Europeo a Vendola oppure riapertura di un dialogo a sinistra?

Nel secondo caso davvero si tratterebbe di una vera e propria giravolta acrobatica.

Dal mio punto di vista non posso che ribadire anche in questo frangente l’opzione di fondo, che abbiamo presentato da tempo in vista delle politiche 2012: la sinistra d’alternativa deve tentare di rientrare in parlamento, come è necessario, in una dimensione autonoma e unitaria.

La dimensione autonoma e unitaria rappresenta la pre-condizione necessaria perché si possa tornare a parlare di una soggettività politica di sinistra d’alternativa all’interno del quadro politico italiano.

* Franco Astengo – Savona, politologo