di Fabrizio Pinna – Il Comune di Quiliano nella delibera di giunta approvata lo scorso sabato 15 settembre in vista dell’incontro per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per la Centrale termoelettrica di Vado Ligure-Quiliano che si terrà oggi, lunedì 17 settembre, a Roma ha espresso “parere contrario interlocutorio” «con riferimento, non già al merito dell’adeguamento degli impianti esistenti dovuto per legge ormai da anni, ma avente come precisa indicazione il progetto di potenziamento». A rimarcarlo è la Rete Savonese Fermiamo il Carbone che venerdì, con altri comitati e associazioni, ha manifestato a Genova contro le politiche energetiche “inquinanti” della Liguria.

«Ribadiamo – spiegano gli attivisti della Rete anticarbone rilanciando le ragioni della diffida pubblica lanciata qualche giorno fa – che la procedura di AIA per i vecchi gruppi deve essere distinta da altre procedure e prevedere l’adeguamento immediato alle migliori tecnologie dovute ormai da troppi anni: nella nostra diffida dello 12 settembre scorso abbiamo già chiesto e ribadiamo oggi lo scrupoloso rispetto delle normative di legge italiane ed europee rifuggendo qualsiasi ipotesi di AIA più o meno transitoria, che riteniamo un’inaccettabile scorciatoia che, lungi dall’assicurare la tutela dei cittadini e del territorio, ci appare come un incomprensibile ed enorme vantaggio nell’esclusivo interesse economico di Tirreno Power».

«Gli amministratori e i funzionari che non pretendano, come dovuto, il rispetto delle normative AIA, anche attraverso più o meno sottili distinguo, evidentemente sono consapevoli di assumersi tutte le responsabilità, anche penali, conseguenti. Ribadiamo che la nostra diffida non è uno sterile esercizio dialettico – conclude la Rete Savonese Fermiamo il Carbone – ma che è nostra fermissima intenzione, nei casi evidenziati nella stessa, darvi concreto seguito in tutte le sedi e con tutte le azioni legalmente consentite, a tutela della salute e del territorio».

La polemica rimane sempre molto alta e c’è chi afferma che la delibera di Quiliano in realtà sia stata condizionata anche dalla mancanza della necessaria “neutralità” sulle decisioni da prendere: “la Giunta comunale di Quiliano è in grave conflitto di interessi, e può quindi essere stata potenzialmente condizionata in modo diretto o indiretto nella decisione deliberata sabato che determinerà il futuro di decine e decine di migliaia di persone per i prossimi 50 anni”, denunciano la Libreria Ubik e alcuni attivisti savonesi. «Dei 4 componenti che hanno deliberato in questi giorni in Comune per il futuro a carbone della nostra Provincia – sottolineano – ben 3 hanno interessi diretti nelle attività di Tirreno Power: Alberto Ferrando, il sindaco, ha uno o due nipoti che lavorano in centrale e prima aveva due cognati che lavoravano in centrale, ora in pensione, il vicesindaco Antonio Tallarico lavora in centrale, l’assessore all’Ambiente Gianmario Satta ha il figlio che lavora in centrale. A questi possiamo aggiungere il consigliere Alberto Manzi e l’ex-sindaco Nicola Isetta che anche loro lavorano in centrale. Questi amministratori possono aver deciso serenamente per il bene dei loro amministrati? Oppure c’è un evidente conflitto di interessi che inficia gravemente la scelta compiuta e minaccia quindi il futuro sanitario e ambientale del nostro territorio?».

Del resto la decisione “interlocutoria” ha creato forti tensioni e polemiche nello stesso parlamentino quilianese, con dure critiche sull’ambigua delibera di sabato da parte – tra gli altri – di Federico Gozzi, il quale “in qualità di consigliere di maggioranza del suddetto Comune” ha espresso la “più totale e marcata distanza politica”: «Con un vero e proprio bizantinismo linguistico, degno erede della stagione delle convergenze parallele della prima Repubblica, si parla di “parere contrario interlocutorio” in merito all’assetto di esercizio previsto dal piano industriale dell’azienda nel punto dove prevede la ricostruzione del secondo gruppo a carbone da 330 mw, dopo l’edificazione del nuovo gruppo a carbone da 460 mw e la ricostruzione del primo gruppo a carbone da 330 mw. Si passerebbe quindi con la prospettata “aia transitoria” (vero e proprio “unicum” giuridico da Trapani a Bolzano) dal funzionamento a singhiozzo per i prossimi 8 anni dei due vecchi ed esanimi gruppi a carbone da 330 mw, alla presunta accettazione da parte dei Comuni di un assetto con due gruppi, uno da 330 mw ed uno potenziato a 460 mw, con un evidente incremento delle tonnellate di carbone combusto e quindi delle polveri microsottili non filtrabili, prime responsabili di cancro e ictus. Vanificando in maniera ireversibile il lavoro dei consigli comunali di questi anni e, per quello che mi riguarda, l’impegno preso con gli elettori. Mandando in fumo (con relativi soldi spesi) i ricorsi presentati al TAR del Lazio contro la costruzione del gruppo da 460 mw che ora si dichiara di accettare abbinato ad un gruppo da 330 mw. Condannando alla servitù del carbone il nostro territorio per tutto il XXI secolo». «I ricorsi – ha concluso Gozzi – andrebbero invece appoggiati sino in fondo, inaugurando una stagione politica nuova: quella dove il territorio, anche se non subito, gradualmente potrà affrancarsi dal carbone, con un assetto di produzione elettrica realizzato con un’incidenza maggiore del metano e delle energie alternative».

Rete Savonese Fermiamo il Carbone