Alain Resnais lo splendido novantenne

di Alfredo Sgarlato – Quando ero bambino la tv aveva un solo canale e al Alain Resnais01lunedì c’era il film. Io guardavo sempre il film con la mia famiglia e, poiché ero un bambino molto particolare, mi innamorai di due film, perché non ci capii proprio niente e quindi sospettai che fossero il frutto di intelligenze superiori. Uno era “Solaris” di Andrej Tarkovskij, l’altro “L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais.

A vent’anni, studente del primo anno di psicologia, scoprii una sera che un programma di successo era stato cancellato per l’arresto del conduttore e al suo posto andava in onda una serie di film intitolata “La camera dell’inconscio” curata da Claudio G. Fava, col commento di grandi psicoanalisti. Una manna per me! Mi innamorai di due film, uno era “8 e ½”, l’altro “Mon oncle d’Amerique” (1980) di Resnais, chi se no. Decisi di seguire anche i corsi di storia del cinema, in particolare quello sulla Nouvelle vague, il cinema francese degli anni ’60, dove vidi il primo film di Resnais, “Hiroshima mon amour” (1959, citato in una splendida canzone degli Ultravox), sceneggiato da Marguerite Duras.

Ma chi è Alain Resnais? Di lui si sa molto poco, se non che da ragazzo amava molto i fumetti e che ha avuto una lunga relazione con Sabine Azèma, interprete di tutti i suoi film da “La vita è un romanzo” (1983) in poi. Ha iniziato la carriera dirigendo documentari, soprattutto biografie di artisti, ma uno, “Notte e nebbia”(1955), che tratta dell’Olocausto, è un capolavoro assoluto. Quindi passa al cinema di finzione, sconvolgendo pubblico e critica con la sua originalità formale. A differenza degli altri autori della Nouvelle vague, disimpegnati e anarcoidi, prese posizione politicamente, per cui lui, Jacques Demy e Agnes Varda vennero soprannominati “i registi della Rive Gauche” e in omaggio a loro i nostri Fulci, Corbucci e Vivarelli si autodefinirono “i registi del marciapiede sinistro”.

I film di Resnais trattano del rapporto tra realtà e memoria e tra caso e destino. Scrive un critico che si basano ognuno su un teorema ideologico e uno formale in cui il regista per primo non crede. In “Marienbad” (1961) una situazione si ripete innumerevoli volte ognuna con un piccolo cambiamento. In “Providence” (1977) uno scrittore con la febbre alta confonde sogni incubi ricordi paure e scene del romanzo che sta scrivendo. In “Smoking/No smoking” (1993) una serie di coppie (tutte interpretate dagli stessi attori, Sabine Azèma e Pierre Arditi) hanno destini totalmente diversi a partire da un gesto o da una battuta insignificanti. In “Parole parole parole” (1997), il suo film più spiazzante e divertente, passi di dialogo sono sostituiti da canzoni orribili, adatte alla situazione ma non necessariamente adatte al personaggio: un generale può avere la voce di Edit Piaf.

È un autore difficile? No, non esistono autori difficili ma solo spettatori snob. Il 3 giugno Alain Resnais compie 90 anni. Quindici giorni fa ha incantato la platea di Cannes con un nuovo film che si intitola, traduzione letterale, “Voi non avete ancora visto niente”.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato