Toponomastica ingauna con Bico agli Studi Liguri

di Claudio Alamanzi – Un pomeriggio per approfondire con uno studioso di toponomastica gli aspetti più caratteristici e singolari dei nomi legati alla storia del territorio albenganese. È questo, in estrema sintesi, il programma della conferenza che si è svolta sabato pomeriggio a palazzo Peloso Cipolla a cura del dottor Mauro Bico, che collabora da alcuni anni con l’Università di Genova per la realizzazione di un progetto rivolto alla conservazione e studio della storia della toponomastica ligure. Ad organizzare l’interessante pomeriggio è stato l’ Istituto Internazionale degli Studi Liguri, sezione di Albenga, guidato dall’avvocato Cosimo Costa. “Si è trattato- dice il giornalista Adalberto Guzzinati- di una conferenza sulla toponomastica del comprensorio ingauno. L’intervento del dottor Bico è servito a presentare i primi risultati di una ricerca di livello regionale”. A spiegare di cosa si tratta è stato lo stesso Bico: “La ricerca è cominciata alcuni anni fa, promossa dalla Regione Liguria e denominata “Archivio toponomastico della Liguria”. Questa ricerca mirava a coprire tutte le zone che vanno a formare il variegato quadro morfologico della Liguria, da Sarzana a Ventimiglia. Si trattava di realizzare una raccolta sistematica dei toponimi, attraverso la schedatura attenta che è stata attuata dai collaboratori che hanno realizzato interviste a livello capillare su parte del territorio regionale. Poi ci siamo resi conto che si trattava di un progetto enorme e ci siamo limitati a proseguire la ricerca solo nella zona fra Andora e Ceriale, entroterra compreso”.

Il lavoro fin qui svolto ha avuto, viste le difficoltà, un po’ la caratteristica di svilupparsi a macchia di leopardo. “Questa relazione- ha detto Bico- è solo una prima presentazione di quelle che sono le risultanze alle quali siamo giunti fino ad ora. I toponimi liguri rappresentano un grande patrimonio culturale per conoscere e conservare il nostro passato. Spesso parole e nomi in dialetto ci rimandano alla storia di quei luoghi di sfruttamento agricolo, di lavoro, di conoscenza del territorio e rappresentano un serbatoio pressoché inesauribile di indicazioni sull’antropizzazione sia dell’entroterra sia della costa”. Così molti toponimi che ancora oggi caratterizzano zone, contrade e regioni dei nostri comuni hanno una storia ricostruibile grazie alle memorie di molte persone ancora in vita. “ Nomi come zunchéu, zerbà, bandìa, fasceu, curumbea, campure, ortu, ciassa, praettu, buscuverde, non indicano soltanto un tipo di utilizzo economico del territorio; non vanno a designare esclusivamente appezzamenti di terreno più o meno grandi, ma ci restituiscono una mappa, un mosaico, come recita il titolo del progetto, potremmo dire un grandioso affresco sociale, economico e culturale di quella civiltà rurale dei nostri padri e dei nostri nonni, che ormai alimenta soltanto una stanca elegia dei bei tempi andati”.

Altri toponimi si riferiscono a particolari caratteristiche del territorio come preagianca, fundà, autu, autìn, colla, cuneu, muntà, custeia, custunettu, liggia, riva, sotta, vallun, cianellu, ciappe, sellin, rivea, langa, cian ,prialonga, cunca, bussureu, capeneu, olivette, ruggettu, pussu etc. Il lavoro è stato svolto sotto l’attenta e appassionata guida scientifica della professoressa Giulia Petracco Sicardi, ed è stato realizzato, per la maggior parte, grazie all’opera di volontariato culturale dei numerosi soci dell’Istituto di Studi Liguri di Albenga che, schede alla mano, sono andati a intervistare pazientemente persone di una certa età che si sono dimostrate indispensabili per la loro memoria storica. “ Si sono privilegiate- ha concluso Bico- le fonti orali rispetto a quelle catastali, per un’ esigenza di maggiore aderenza all’archetipo del toponimo, ossia un nome il più antico e vicino possibile all’originale, in quanto i vari trascrittori nel corso delle epoche hanno dato luogo a vere e proprie storpiature”. Ciò è avvenuto non solo in occasione della realizzazione del catasto napoleonico, ma anche nella redazione delle carte dell’Istituto Geografico Militare. In tali censimenti si è spesso opacizzato, o addirittura cancellato, il nome più antico e quindi probabilmente quello autentico. “ Lo scopo finale della ricerca – dicono Cosimo Costa e Josepha Costa Restagno- ancora da perfezionare, è quello di affiancare il versante linguistico a quello storico. Da una parte, infatti, una storia del paesaggio produttivo ingauno e ligure, dall’altra l’etimologia, l’origine di parole che, a cavallo dei secoli, sono giunte a noi più o meno fortunosamente, e ci recano, a mo’ di staffette ricoperte dalle incrostazioni del tempo, notizie dal passato, per dirci chi siamo stati e forse chi saremo”.

Bico è riuscito nel suo intervento a snocciolare centinaia di toponimi che ci sono familiari perché tipici del nostro territorio come rian, prau, liscassu, cruxetta, cà, munte, caminettu, cavanne, castelà, darrè, muntana, suttana, giu, turettu, vadu,castellettu, castè, risseux, funtanina, pescheira, ruggii, pussettu, cianboschi, suncheu e molti altri. Alla fine il lavoro di Bico confluirà in una importante pubblicazione che realizzerà a quattro mani con l’illustre docente dell’Univesrità di Genova Giulia Petracco Sicardi dal titolo: “Appunti per una ricostruzione del paesaggio agrario della zona ingauna”.

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