Prima di tutto la dignità

di Franco Astengo – Dedico queste brevi osservazioni a un’esigenza che mi pare molto sentita: quella di recuperare, collettivamente, il concetto di dignità posto in relazione all’insieme della situazione politica di questo nostro disgraziato paese. La dignità può rappresentare una categoria della politica?

La riflessione su quanto avvenuto nel corso dell’ultimo mese: il tragico impasto tra l’ignobile balletto che si è consumato attorno alla manovra finanziaria giocando con la vita dei cittadini in maniera del tutto spregiudicata ed evidenziando, grazie alle valutazioni che, di volta, in volta, sono state eseguite intorno alla “destinazione” dei vari provvedimenti evidenziando tragicamente un gioco tra enormità delle diseguaglianze e l’esistenza di privilegi riservati davvero a fette esigue di quella che si può ben definire “casta” (formata beninteso non soltanto dai “politici”) e una “questione morale” che pare rappresentare, non semplicemente sul piano della corruzione nel rapporto tra ceto politico e società che pure appare estesissima e coinvolgente “trasversalmente” ha, di fatto, consumato l’idea di una dignitosa “etica pubblica”.

Abbiamo lasciato sul campo della crisi di una fase intera della nostra democrazia il meglio dei diritti che erano stati acquisiti per rendere meglio vivibile questa società così complessa e sfrangiata, e abbiamo lasciato sul campo interamente la “dignità” dell’agire politico, ben al di là dei riferimenti ideali, dell’idea dello Stato e della capacità di rappresentanza politica che dovrebbe presiederne le istituzioni fondamentali.

È vero esistono segnali di reazione, sprazzi di vitalità, espressisi in particolare con lo sciopero della CGIL del 6 Settembre scorso, cui è necessario urgentemente fornire continuità elaborando strumenti di incisività politica.

Non risultano però sufficienti: anzi non sono assolutamente sufficienti se non parte subito un confronto attorno ad un tema che appare, a nostro giudizio, del tutto decisivo.

Il tema è quello proprio del recupero della dignità perché sarà soltanto in questo modo che potrà essere ripreso, proprio sul piano della rappresentanza politica, l’altro elemento decisivo che è andato perduto: quello dell’autorevolezza.

Non stiamo giocando allo sfascio e neppure intendiamo affermare che: ” nella notte tutte le vacche sono nere”.

Al contrario riteniamo che esistano, nella storia recente del nostro Paese, due esempi ai quali rifarsi immediatamente: il primo, non abbiamo tema di essere giudicati esagerati, è quello della Resistenza.

Il livello di coraggio civile e di forza ideale che si espressero in quei mesi tra il settembre 1943 e l’Aprile 1945 deve rappresentare il punto di riferimento di coloro che intendono opporsi al definitivo declino dell’agire politico, così come questo declino sta presentandosi; l’altro esempio al quale, ancora una volta, intendiamo rivolgerci è quello del Luglio’60, della cacciata in piazza del governo Tambroni, in quell’occasione in cui dimostrarsi di “parte” significò davvero muoversi nell’idea dell’interesse generale, del Paese, dei suoi cittadini, della credibilità delle forze politiche.

Altri tempi, esempi mostrati retoricamente? Può darsi ma riteniamo occorra anche il coraggio di indicare con chiarezza la gravità dell’ora, dicendo di “no” a proseguire su questa strada lastricata di sassi che sembra, davvero, portare all’Inferno.