di Fabrizio Pinna – “Vogliono uccidere Berlusconi” titolava con cubitale sobrietà “Il Giornale” di Feltri il 15 ottobre 2009. Nel clima politico delirante che l’Italia sta vivendo in questi anni, diventa difficile sorprendersi davvero per quanto è avvenuto sabato a Savona dove non un articolo giornalistico, ma un “provocatorio” e sarcasticamente fantasioso post apparso nella rubrica “Il blog di Valeria Rossi” – “Voglio ammazzare Berlusconi”, 4 febbraio 2011 – ospitato nella testata telematica “Savona e Ponente” è costato all’autrice e responsabile del giornale la perquisizione nella redazione da parte di una decina di agenti savonesi della Digos e della Polizia postale, con tanto di sequestro dei computer, macchina fotografica, apparecchiature elettroniche (comprese quelle del figlio Davide, informatico di professione).

Perquisite anche le auto del marito Adelchi, molto noto negli ambienti rallistici; non si sa ancora chi abbia fatto la segnalazione, si sa invece che le forze dell’ordine cercavano addirittura un’arma da fuoco: Valeria Rossi risultava infatti erroneamente ancora in possesso di un fucile da caccia ereditato dalla famiglia, risultato poi – dopo una semplice verifica, è il caso di sottolineare… – in realtà già venduto nel 1985.

Contemporaneamente alla lunga stesura dei verbali in Questura, è scattato da parte della polizia postale – compartimento Emilia Romagna di Bologna, da dove tutto è partito – il “sequestro preventivo” del sito www.savonaeponente.com, prontamente sigillato e non più visitabile a tempo indeterminato. La legge è legge, si dice. Misura eccessiva? Quella del sequestro di interi siti dovuti alla pubblicazione di singoli articoli è una vexata quaestio che ancora non sembra aver trovato soluzioni del tutto ragionevoli. Prova lo è anche il fatto che il post lo si può ancora facilmente recuperare online attraverso la memoria cache dei motori di ricerca anche se il sito è stato bloccato. Del resto, la chiusura forzata di una testata significa solo una voce in meno nell’informazione locale: la si apprezzi o meno, è sempre un impoverimento del pubblico dibattito. E questo qualcosa dovrebbe pur pesare in certe scelte.

Diffusa la notizia, le attestazioni di solidarietà hanno iniziato naturalmente a crescere nel savonese di ora in ora: che Valeria Rossi – giornalista e blogger – non sia una pericolosa mitomane pronta a gesti inconsulti è fuori dubbio, come può testimoniare chiunque la conosca. “Semper ego auditor tantum?”, “Dovrò sempre stare solo a sentire?” tuonava Giovenale nelle sue satire (Sat. I,1). La passione politica e civile che si incendia, l’indignazione che fa velo alla misura trasformandosi in fabula e invettiva, tradendo talvolta qualche venatura d’ira e livore. Ma, caustica giornalista militante, impegnata in battaglie ambientaliste e ideologiche, è questo il suo stile. A volte grottesco, iperbolico, eccessivo e umorale a oltranza, se vogliamo, soprattutto quando la vena del blogger prende il sopravvento.

Difficile pensarla così ingenua e sprovveduta dal ritenere che un semi-immortale “alieno ipnotizzatore” – com’era rappresentato Berlusconi – potesse essere sconfitto da un fucile da caccia… o da una “penna”. Ma tant’è: qualcuno ha evidentemente pensato il contrario. “Una vicenda che non riesco a definire se non kafkiana”, ci ripete l’amica e collega in attesa di consultarsi lunedì con il suo avvocato per avere un quadro più chiaro di come potrà procedere l’iter giudiziario. I tempi non saranno brevissimi. Un danno anche per il figlio Davide che si è visto inutilmente sequestrati gli strumenti di lavoro, con i progetti già avviati da consegnare a giorni.

Dissolta l’ipotesi erronea dell’esistenza di un’arma da fuoco, che il pezzo incriminato possa davvero formalmente inciampare nei pesanti reati contestati di diffamazione aggravata (Art. 595 C.P., comma 2 e 3), minacce (Art. 612, comma 2) e istigazione a delinquere (Art. 414, comma 1), sarà ovviamente tema di dibattito processuale. Un’altra vexata quaestio anche questa: satira “legittima” – per quanto pesante possa essere – o altro quella di Valeria Rossi? Di sicuro rimane il fatto che sarebbe stato sufficiente dare una lettura integrale al testo (e al con-testo), oltre a uno sguardo ai commenti per avere la prova che si trattava – per quanto discutibile nella sua enfasi e nella forma scelta, certo – di una “provocazione” per aprire un dibattito. E non altro.