Calcio italiano tra passato e presente: intervista all’ex giocatore ed oggi osservatore dell’Inter Carlo Soldo

di Alessandro Sbarile – Carlo Soldo, sessantottenne di Genivolta, ha vissuto buona parte della sua vita del mondo del calcio, prima da giocatore (con Novara, Varese, Inter, Lazio, Monza, Pro Vercelli, Messina e Triestina), quindi in panchina (una carriera ultratrentennale in cui brilla un successo nel campionato asiatico under 16 alla guida dell’Iran); ormai da diversi anni Soldo lavora per l’Inter come osservatore ed ha scelto Finale Ligure per trascorrere le sue ferie. Il Corsara lo ha intervistato.

D.: Ha grande esperienza nel mondo del calcio, in ruoli differenti fra loro; giocatore, allenatore e osservatore: cosa cambia?

R.: Sono tre cose diverse: quando giochi devi pensare all’avversario, a fare vita sana, alla squadra, ai compagni, è tutta un’altra cosa; come allenatore hai altri compiti, devi tenere a bada la squadra, parlare con la società, coi giornalisti, è un altro tipo di lavoro.

Facendo l’osservatore hai meno responsabilità perché devi guardare e segnalare ragazzi giovani, puoi sbagliare, è comunque lavoro impegnativo ma meno che allenare o giocare.

D.: Cosa significa lavorare in una grande società come l’Inter?

R.: Avendoci giocato ed essendo interista è un onore, poi sono in una società con un Presidente eccezionale, dove ti viene reso facile il lavoro, tutto ciò è bello; poi ci possono essere più o meno soddisfazioni, ma non sono io a decidere bensì la società: io mi limito ad osservare e segnalare.

D.: In passato si era detto curioso di lavorare con Mourinho, finita l’era nerazzurra dello “Special One” che impressione ne ha avuto?

R.: Mourinho è un personaggio eccezionale, sa avere rapporti bellissimi con tutti, mi ricorda, in meglio, l’Helenio Herrera dei primi anni in Italia: un personaggio che sa fare il suo mestiere e che ha dimostrato di saper vincere in ogni maniera, in campionato come in coppa, è un personaggio, da quello che ha fatto non si può dire che non è bravo.

Mourinho l’avrò visto due o tre volte, non ci sono stati grandissimi rapporti, ad Appiano ci andiamo poco ma sappiamo un po’ tutto di quello che fa, vediamo chi è a contatto con lui sono gli osservatori che fanno i rapporti sugli avversari, cioè Ardemagni, Moro e Bedin, noi abbiamo un altro compito, cioè andare a vedere i giocatori che ci mandano a osservare.

D.: Lei ha lavorato in Iran, spesso quando un italiano decide di mettersi in gioco all’estero viene considerato depauperante per il nostro movimento, è davvero così?

R.: Invece no, perché vedi quello che succede e vedi quello che ottengono gli italiani all’estero, vuol dire che siamo apprezzati e vincenti: io nel mio piccolo ho vinto un campionato asiatico, Capello e Trapattoni vincono dappertutto, Spalletti, Mandorlini e Zenga idem: gli allenatori italiani sono persone che lavorano seriamente e sono apprezzati in tutto il mondo.

D.: Alla luce degli ultimi risultati si può dire che il calcio italiano è in crisi?

R.: Dopo aver vinto i Mondiali abbiamo avuto anni dove magari non ci sono fuoriclasse ma buoni giocatori, non sto a sindacare sull’operato di Lippi ma al di là dei risultati il nostro calcio ha giovani talenti e buoni giocatori di esperienza e ci si saprà riprendere ai livelli che ci competono.

Abbiamo vinto quattro Mondiali, siamo inferiori solo al Brasile, vuol dire che il calcio italiano non è ora all’apice ma è sempre un buon calcio; ci sarà modo con gli Europei e i Mondiali prossimi di mettere insieme una buona squadra perché le possibilità e i giocatori ci sono.

Poi Prandelli è l’uomo giusto perché è serio, è un lavoratore, ama i giovani, sa costruire una squadra all’altezza e sarà in grado di adempiere al compito avuto e avremo delle soddisfazioni.