Un vampiro non è mai fuori moda

di Alfredo Sgarlato – È appena uscito il terzo capitolo della serie Twilight ed ha riempito i cinema (e meno male che esistono questi blockbuster, altrimenti i cinema chiuderebbero. Parola di fan di Loach e Rohmer), ma questo successo è solo l’ennesimo della saga del personaggio più amato degli ultimi tre secoli: il vampiro.

In realtà la figura della creatura immortale che vive di sangue altrui è antica quanto l’umanità. Le saghe più note si rifanno al folklore dell’est europeo, in particolare rumeno, dove si parla di “Nosferatu” ovvero “non morto” e russo, dove è chiamato “Vurdalak”, ma il vampiro esiste nella mitologia africana (“Asambosam”, che ha piedi e denti di ferro, Kinoly, Adze, Khiduwane ), nativa americana (“Wendigo”), persino in quello sarda (Surbile).

Di essere vampiri furono accusati personaggi storici, come il ben noto principe Vlad Tepes detto L’Impalatore, per le torture inflitte ai nemici ottomani catturati, nonché detto Dracula, tradotto come “figlio del drago”oppure “del diavolo”. Meno nota è la contessa ungherese Erszebet Bathory che, convinta da una serva che il sangue di vergine renda eternamente giovane, fece assassinare tutte le ragazzine della sua contea, per poi continuare con le cucciole di animali.

Il primo boom del vampiro si ha con la letteratura gotica, quando escono due classici come Il vampiro di John Polidori (il miglior amico di Byron) e Carmilla di Sheridan Le Fanu, che unisce vampirismo e omosessualità femminile. Ma l’opera definitiva arriva a fine ‘800 col Dracula di Bram Stoker, che fa coincidere la leggenda della creatura immortale con quella del sanguinario principe (qui declassato).

Nel ‘900 il neonato cinema si appropria ben presto del mito del vampiro e sono due maestri del muto come Murnau e Dreyer a portare per primi sullo schermo i capolavori di Stoker e Le Fanu, rispettivamente con Nosferatu e Vampir (non ebbero i diritti per i titoli originali). Poi un altro genio, Tod Browning (quello di Freaks) gira finalmente un Dracula, interpretato dall’attore Bela Lugosi, chi si immedesimerà nel personaggio fino ad impazzire e a voler dormire davvero in una bara.

Da allora il conte Dracula è stato il personaggio più rappresentato sullo schermo, 224 volte (contro le 179 di Amleto), senza contare i film spuri (più di 800). Grandissimi Dracula sono stati Boris Karloff, Christopher Lee e Peter Cushing. Col mito del vampiro si sono cimentati grandi registi come Werner Herzog (Nosferatu con Klaus Kinsky), Coppola (con Gary Oldman) e Neil Jordan (Intervista con il vampiro, con Cruise, Pitt e Banderas), persino Andy Warhol! (Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete!) e decine di mestieranti, fino alle versione più trash e ovviamente porno: Vampiros Lesbos, di Jesus Franco, detto l’uomo dal nome doppiamente blasfemo, è il più ricercato dai collezionisti. I vampiri di Riccardo Freda, con la bellissima Gianna Maria Canale è il primo horror italiano (1957).

Infine citiamo un film di poco valore, Buffy l’ammazzavampiri (1992) che però è alla base di una delle più fortunate serie televisive, nonché la prima ad utilizzare l’azzecatissima formula horror + problemi adolescenziali, vedi anche Streghe, Dark Angel e molte altre. Già, gli adolescenti: perché amano così tanto i vampiri? Forse perché nel mito del vampiro si combinano amore e morte, eros e thanathos, dimensioni che l’adolescente comincia confusamente a padroneggiare. O forse perché, psicoanaliticamente, il vampiro ha con la sua vittima quella relazione fusionale, fino all’indifferenziazione tra sé ed altro, che è presente nelle fantasie inconsce e si trova solo nella tossicodipendenza. O perché il vampiro, che nega la morte ed è sessualmente esplicito, mina l’ordine costituito. O magari perché, come nella saga di Twilight, è l’unica forma possibile di amore eterno e romantico in questa società dove, come dice Baumann, anche l’amore è liquido. Insomma ci sono molti significati, perché il vampiro è un mito, e come tale non è mai fuori moda.

Ancora una considerazione. C’è chi si chiede se la passione dei giovani per la fantasy non sia una fuga dalla realtà. In passato ciò è stato vero: la letteratura fantastica americana ha avuto i suoi periodi migliori durante le guerre. Ma il successo della fantasy moderna è dato anche, come abbiamo visto dalla fusione di realismo e di quotidianità. Ma soprattutto, come scrive il grande psicoanalista Winnicott, la follia si manifesta anche come estremo appiattimento sul reale, iperconformismo. Quindi la ricerca della fantasia e del mito, in questa società gretta e omologante è anche ricerca di sanità mentale.