di Alessandro Sbarile – È difficile iniziare un viaggio dovendo imparare a dire “sciopero” in inglese; una hostess sostiene che ho scelto il giorno giusto pere salire per la prima volta su un aereo e, in effetti, sarà indimenticabile: due ore di ritardo e piano di battaglia saltato (non mi permetto di giudicare le ragioni che hanno spinto i lavoratori ad astenersi dal lavoro, ci mancherebbe). L’ora recuperata grazie al fuso orario è andata.
L’esperienza del volo merita: un mio amico sostiene, non a torto, che volare “è contro natura, perché il nostro corpo può galleggiare, ma il volo è tutta un’altra cosa”. La cosa più bella è stata poter osservare con avidità quello che c’è sotto, non perdersene nemmeno un momento.
Per ora Londra l’ho vista solo di passaggio, dal pullman che mi ha condotto dall’aeroporto fino a Victoria Station: devo dire che promette molto bene; salta subito agli occhi il fatto che l’idea di stabile e di costruzione è diversa dalla nostra.
Il primo pasto inglese è stato il tradizionale “fish and chips” (ovvero pesce e patate fritte), una porzione così abbondante che avrebbe steso un bue: cibo tradizionale preparato da persone sicuramente del posto (quanto il sottoscritto), segno che per quanto riguarda un certo artigianato alimentare tutto il mondo è paese
Per ora dell’Inghilterra ho capito che è un’isola, è umida e parlano inglese… insomma niente che non avessi già letto su un sussidiario.
* fratelli della costa: la rubrica Corsara di Alessandro Sbarile e Alfredo Sgarlato