Festival di Cannes: i premiati in passerella. Scelte anche politiche?

di Alfredo Sgarlato – Terminato il festival di Cannes, i verdetti sono stati accolti con meno polemiche del solito, probabilmente perché i film meritori erano pochi e la giuria è stata più sensata di altre volte. Un minimo di sorpresa per la Palma d’oro, andata aUncle Boonmee who can recall his past lives” di Apichaptong Weerasethakhul, tailandese. È possibile che il verdetto sia stato anche politico, vista la situazione nel paese, come è possibile, non sarebbe la prima volta, che in un festival caratterizzato di film dal tono mediamente funereo, vinca un film, magari proiettato negli ultimi giorni della rassegna, di tono totalmente diverso.

Di questo regista io ho potuto vedere un solo film “Tropical malady”, trasmesso (ovviamente) da “Fuori Orario”. Si tratta di uno dei film più strani -ma affascinante- che io abbia mai visto: dopo un prima tempo di carattere iperrealista (la giornata di un soldato in licenza) nella seconda parte assume caratteri horror/mitologici, ma sempre qualcosa di ben diverso dagli schemi occidentali, escluso questo particolare: due personaggi commentano un programma tv e si tratta chiaramente di “Chi vuol essere milionario”.

È possibile che sia geopolitico anche il premio per la maggior attrice: non si contesta la bravura di Juliette Binoche (è una delle mie attrici preferite) ma generalmente le giurie amano fare i talent scout, in questo caso è probabile che l’aver partecipato ad un film iraniano (“Copia conforme” di Abbas Kiarostami, regista che, confesso, non sopporto) vista la situazione dei registi in Iran, abbia contato. Salomonico il premio al miglior attore: tutte le critiche erano entusiaste per Javier Bardem ed Elio Germano e un bello ex-aequo glorifica entrambi.

Ma mentre il simpatico spagnolo è entrato già nella leggenda con l’indimenticabile interpretazione del killer Chigurh in “Non è un paese per vecchi”, Germano, che senz’altro è il migliore tra i giovani attori italiani, dopo una nutrita serie di piccoli ruoli in film sia d’autore che popolari, ha già mostrato più volte la sua bravura come protagonista in parti molto diverse tra loro. E ha fatto bene a criticare la mediocre e ignorante classe dirigente italiana per cui cultura vuol dire solo soldi buttati o una scusa per apparire in tv in abito da sera.

Il Gran Premio della Giuria va a “Des homme e des dieux” di Xavier Beauvois, regista praticamente sconosciuto in Italia, fino al penultimo giorno candidato alla Palma d’oro. Il premio della giuria va a “Un homme qui crie” di Mahamat Saleh Haroun, africano del Ciad, il cui film precedente “Daratt”, era stato premiato a Venezia ma ignorato dai distributori. Migliore sceneggiatura per il film coreano “Poetry”, di Lee Chang Dong ad ennesima conferma della salute di quella cinematografia, mentre la delusione tra i critici è derivata dal fatto che “Another year” di Mike Leigh, uno dei film più apprezzati, non ha ricevuto nessun premio, ma Leigh è già stato più volte premiato sia a Cannes che a Venezia e probabilmente la giuria ha voluto evitare la ripetizione.

Chiudiamo citando i due film che la critica ha amato di più, entrambi stranamente fuori concorso: la scatenata commedia “Tamara Drewe”, di Stephen Frears, tratta da un fumetto e il televisivo “Carlos” di Olivier Assayas, biografia del noto terrorista che però ha sconfessato il film.