Musiche e generazioni

di Alfredo Sgarlato – Uno dei momenti più divertenti del bel film Juno è quando la sedicenne protagonista scopre che il trentenne che adotterà il suo bambino è un rockettaro, ed era in tournée nel 1993, quello che secondo il trentenne è l’anno d’oro del rock. La ragazzina, che calcoliamo avere avuto tre anni in quel tempo, ribatte che no, l’anno d’oro è il ’77, l’anno del punk e lui non può saperlo perché non c’era, come del resto non c’era lei, che mette al primo posto tra i grandi del rock gli Stooges, esistiti tra il ’69 e il ’72.

Il secolo appena trascorso, tra le tante invenzioni che lo caratterizzano, ne presenta una particolarmente singolare: i giovani. I figli del benessere e, dopo il ’45 in Europa, della fine delle guerre, che perciò potevano vivere un periodo di transizione tra infanzia ed età adulta. Invenzione del mercato, poiché i giovani, gli anticonformisti più conformisti che esistano, sono il terreno di caccia ideale per i creatori di mode.

Ma soprattutto i giovani sono (erano?) rivoluzionari per natura, per cui chi più di loro può amare la musica, che da Mozart al Punk, passando per Beethoven, Stravinsky, Charlie Parker, Elvis, i Beatles etc per due secoli è stata una rivoluzione continua? In musica ogni generazione ha combattuto la precedente e i figli che ascoltavano l’oltraggioso Sinatra una volta diventati padri non capivano perché i loro figlioli ascoltassero quel casino detto rock’n’roll (poi beat, psichedelia, metal, punk…). Finché arriva il terzo millennio ed ecco Juno.

Come scrive il sociologo Jon Savage l’ultimo gruppo rock “autentico”, cioè contemporaneo culturalmente ai suoi ascoltatori sono i Nirvana (esistiti tra l’88 e il ’94), dopo di che inizia il periodo del manierismo, in cui si riciclano stili già esistiti. Si potrà ribattere che il rock ormai è quello che erano il jazz o la classica per le generazioni precedenti, musica per quarantenni laureati e per brillanti studenti di liceo classico, e che oggi i ragazzi ascoltano la techno o l’hip hop. Attenzione, anche questi generi sono in giro da almeno 25 anni… Soprattutto si è perso, come età postmoderna vuole, il conflitto generazionale e tra bande, per cui il giovane punk considerava vecchi i Pink Floyd e shit il metal o Baglioni.

Oggi le piccole Juno ascoltano allegramente tutto e possono avere come idolo un Iggy Pop che potrebbe essere non loro padre ma nonno. Questa è la prima generazione ad essere più conservatrice di quella che l’ha preceduta, e non solo in musica. Pare che sarà anche la prima generazione a guadagnare meno e ad avere meno diritti della precedente. C’è un nesso? Certo che c’è, ma in questa rubrica parliamo di musica non di politica e lascio ai politici trarre le conclusioni.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato