Videocracy – basta apparire

di Alfredo SgarlatoVideocracy è il titolo di un documentario diretto da Erik Gandini, pluripremiato regista svedese di evidente origine italiana, che era stato presentato con molto clamore alla Mostra del cinema di Venezia dell’anno scorso. Intento del regista è mostrare l’influsso della TV sulla società e sulla politica italiana. Le Tv italiane perciò, esclusa La7, si rifiutarono di ospitare spot del film o di commentarlo, con la scusa che era assurdo promuovere chi parlava male di loro. Questa scelta portò all’effetto opposto, cioè a una mobilitazione su blog e social networks in favore del film.

Sorte simile è toccata ad Agorà, di Alejandro Amenabar, inizialmente rifiutato dai distributori italiani che temevano di essere accusati di anticristianesimo e poi acquistato dopo una petizione via internet a favore del film. Alla distribuzione nelle sale Videocracy non ebbe un gran riscontro, anche perché distribuito poco e in bassa stagione. Pubblicato poi in edicola ha avuto invece un ottimo successo.

Onestamente va detto che Videocracy è più adatto alla visione casalinga che quella al cinema: chiaramente ispirato al modello Michael Moore, non ha del suo ispiratore il ritmo incalzante e lo humour beffardo. Allo spettatore rimane la sensazione di aver visto una puntatona di Blob, ma senza il retroterra teorico che fa della trasmissione di Ghezzi la più geniale degli ultimi vent’anni (il cosiddetto Costruttivismo o Costruzionismo, cioè l’idea che le immagini acquistino o mutino senso a seconda del contesto in cui si osservano e mediante la loro associazione. Senza contare che Blob mette il trash televisivo a confronto con le immagini dei Maestri del cinema, Kubrick, Fellini etc).

Poiché è destinato fondamentalmente ad un pubblico straniero, Videocracy vorrebbe spiegare al resto del mondo cos’è la TV italiana e soprattutto qual è il rapporto con la politica e il ruolo giocato da Berlusconi in particolare. Ma anche in questo frangente il film non sembra decisivo. La TV italiana non appare diversa da quelle straniere, se non per la maggiore nudità delle vallette e non emergono le reali magagne della TV italiana: telegiornali non oggettivi, assenza di programma culturali e in generale poco rispetto per lo spettatore. Non risulta nemmeno molto chiaro il ruolo di Berlusconi, che appare più che altro come un mattacchione che si diverte molto in tutto quello che fa, ma soprattutto appare come l’idolo dei personaggi a cui Gandini da molto spazio come Fabrizio Corona, Briatore o la Signora Marella, vicina di casa in Sardegna del premier, che scatta foto alle feste e poi le pubblica sul suo sito dove gli utenti possono comprarle. O Lele Mora, intervistato nella sua splendida villa dove ospita alcuni giovanotti palestrati che lancerà in TV (lo scrittore Walter Siti, nel suo libro autobiografico Troppi Paradisi sostiene che sono marchettari che così si comprano la droga o gli anabolizzanti).

Mora adora Berlusconi anche se, dice non è Mussolini. Già, Mora si dichiara orgogliosamente fascista e mostra il cellulare che ha come suoneria Faccetta nera ed è pieno di foto di svastiche, celtiche e slogan d’epoca. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano quelli che si dicono fascisti. Ma il vero protagonista del film è Ricki, un ragazzone succube della madre amante delle arti marziali e di Ricky Martin, che si presenta a mille provini perché vuole sfondare in TV, cosa che lo salverebbe dal suo destino di operaio. Non è mai stato preso e in effetti non mostra particolare talento, ma la sua scusa è un’altra: in TV prendono molto di più le ragazze perché accettano compromessi (la colpa è sempre degli altri…) ma anche perché se in TV c’è una ragazza seminuda si fermano tutti a guardarla (il che sottintende che la visione naturale è lo zapping). E in questo caso, dobbiamo dirlo, ha ragione.

Nel frattempo è uscito nelle sale anche Agorà, riuscito e piacevole kolossal dove la bellissima Rachel Weisz interpreta l’astronoma e filosofa Ipazia. L’aspetto più divertente del film è che ricorda quei kolossal degli anni’50 che dietro il messaggio filocristiano ne nascondevano in realtà uno anticomunista. Qui dietro il presunto anticristianesimo è palese l’attacco alle destre populiste. Se non fosse un film spagnolo verrebbe da pensare male…

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato