Sollevata tra le polemiche dai banchi della minoranza per voce dell’ex-sindaco di Albenga Antonello Tabbò nel Consiglio Comunale del 14 aprile, il neosindaco Rosy Guarnieri ha infine – con una formale risposta/documento datata 22 aprile ma resa nota solo oggi – respinto “con vigore l’assoluta infondatezza delle loro osservazioni e l’insussistenza di alcuna situazione di incompatibilità in capo alla mia persona”. Le motivazioni tecnico/legali, nel documento – indirizzato secondo regolamento al Presidente del Consiglio Comunale di Albenga  Massimiliano Nucera – che riproduciamo integralmente per i lettori del Corsara.

Albenga, 22 aprile 2010

All’Ill.mo

Presidente del Consiglio Comunale di Albenga

OSSERVAZIONI

AI SENSI DELL’ART. 63 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267

In risposta alle osservazioni formulate da alcuni consiglieri di minoranza nella seduta del Consiglio Comunale del 14 aprile 2010 in merito ad una mia asserita e, come si vedrà, insussistente, posizione di “incompatibilità” alla carica di Sindaco ai sensi dell’art. 63 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per precisare quanto appresso.

Premesso che

  1. È innegabile che io sia comproprietaria di una porzione del fabbricato ubicato in Albenga, Fraz. Bastia, via alla Chiesa n. 9/11, censito al Catasto al Foglio 10, mappali 387, 472, 474 e 588 della sezione censuaria di Albenga;

  2. È altrettanto pacifico che, con permesso di costruire prot. n. 10438 del 4 ottobre 2007, il Comune di Albenga abbia assentito l’esecuzione sul predetto immobile di interventi di ristrutturazione di fabbricato con recupero di sottotetto esistente e cambio di destinazione d’uso da magazzino a negozio dell’immobile predetto;

  3. Con successivo provvedimento prot. n. 248 dell’8 ottobre 2009, il medesimo Comune ha ordinato la sospensione dei lavori assentiti, avendo rilevato una difforme indicazione d’ambito, un’errata valutazione delle modalità di edificazione e il mancato rispetto delle distanze minime tra i fabbricati ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444;

  4. A seguito di tale provvedimento, con istanza presentata al Comune il 12 novembre 2009 – unitamente ad una dettagliata relazione tecnica – uno dei comproprietari, signor Domenico Pizzo, ha chiesto il rilascio del permesso di costruire parzialmente in sanatoria ed in variante al titolo edilizio precedentemente rilasciato;

  5. Con nota prot. n. 1161 del 12 gennaio 2010, pervenuta il 15 gennaio 2010, la Civica Amministrazione ha comunicato a tutti i comproprietari l’avvio del procedimento di diniego del rilascio del permesso di costruire, alla luce del parere contrario espresso dalla Commissione Edilizia Comunale nella seduta del 22 dicembre 2009, in forza del quale “… la sanatoria richiesta non è assentibile, in quanto l’intervento è in zona RB dell’ambito B13 e pertanto vanno rispettate le distanze di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 …”;

  6. Poiché tale comunicazione era stata indirizzata anche a me (e non solo, quindi, al soggetto richiedente la sanatoria, signor Domenico Pizzo), ho ritenuto doveroso e rispettoso dell’attività della Civica Amministrazione presentare, in data 25 gennaio 2010, analitiche osservazioni ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; peraltro, ad oggi, nessun provvedimento è stato ancora adottato dagli Uffici Comunali, in riscontro a tali osservazioni o in attuazione dell’intendimento palesato con la nota n. 1161 del 12 gennaio 2010;

  7. In ultimo, ho avuto l’onore di candidarmi alla carica di Sindaco del Comune di Albenga, in vista delle consultazioni elettorali fissate nei giorni 28 e 29 marzo 2010 per il rinnovo degli organi di governo comunali, e, ad esito delle predette operazioni elettorali, ho conseguito la maggioranza dei voti validi;

  8. Infine, in seno al Consiglio Comunale, nella seduta del 14 aprile 2010, Ella sollevava eccezione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 63, quarto comma, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in relazione al predetto procedimento amministrativo,

Considerato che

non sussistono i presupposti della situazione di incompatibilità proditoriamente eccepita da alcuni consiglieri di minoranza e ciò sotto i diversi angoli visuali appresso esplicati ed illustrati:

A) Non trova applicazione, innanzitutto, l’art. 63 del Decr. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, laddove stabilisce che “… non può ricoprire la carica di sindaco”, ai sensi del comma 1, n. 4, “… colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo … con il comune …”.

Preliminarmente, occorre precisare che, secondo l’autorevole orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, l’amministratore ha una “lite pendente” con l’ente quando è “… titolare di una situazione soggettiva processuale, in un procedimento civile o amministrativo, caratterizzata da poteri e facoltà finalizzati a dare impulso al processo e comunque a consentirne, fino alla formazione del giudicato, lo svolgimento, la prosecuzione o la riassunzione …” (Cassazione Civile, Sez. I, 12 febbraio 2008, n. 3384).

Nel caso di specie, tuttavia, non è dato ravvisare la pendenza di alcuna “lite” fra me ed il Comune di Albenga, non avendo mai promosso alcuna azione giudiziale, né di natura civile, né di natura amministrativa, nei confronti dell’ente e, quindi, non essendo titolare di alcuna “situazione soggettiva processuale”.

Quanto al procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire in sanatoria meglio descritto in premessa, occorre evidenziare che i competenti Uffici Comunali non si sono ancora pronunciati – né in senso favorevole, né in senso contrario – in merito alle osservazioni presentate dai comproprietari ex art. 10 bis legge 7 agosto 1990, n. 241.

A tale riguardo, non posso che ribadire quanto già evidenziato nel corso della seduta del Consiglio Comunale del 14 aprile 2010, ossia che lo svolgersi dell’anzidetto procedimento amministrativo appariva senz’altro orientato a precostituire una causa di incompatibilità a mio danno.

In effetti, non si spiegherebbe diversamente per quale motivo l’istanza di sanatoria sia stata presentata dal signor Domenico Pizzo e la comunicazione ex art. 10 bis Legge 7 agosto 1990, n. 241, sia stata inviata a tutti i comproprietari, me compresa, e non solo al richiedente.

Per parte mia, ho ritenuto di agire correttamente e, nel rispetto delle funzioni proprie degli Uffici Comunali, ho diligentemente riscontrato tale comunicazione, non sottraendomi all’invito a presentare osservazioni in merito ad un immobile di cui sono comproprietaria e che già era stato oggetto di contraddittori provvedimenti amministrativi, sfociati nel citato ordine di sospensione dei lavori.

Ne consegue che:

  1. nessuna “lite” può anche solo astrattamente ipotizzarsi, atteso che non è stato finora adottato alcun provvedimento conclusivo del procedimento, men che meno di carattere lesivo dei miei interessi legittimi;

  2. non risulto essere neppure parte del procedimento amministrativo in corso evidenziato in premessa, atteso che la relativa istanza è stata presentata dal signor Domenico Pizzo;

  3. in ogni caso, nessuna “lite” è stata da me promossa sia davanti al Giudice Ordinario, sia davanti al Giudice Amministrativo, non avendo intrapreso alcuna azione giudiziaria o esercitato alcun diritto processuale relativamente a tale, insussistente, procedimento giudiziario.

B) In ogni caso, quand’anche fosse pendente una “lite” con il Comune, il candidato eletto avrebbe il pieno diritto di optare per il mantenimento della carica elettiva, rimuovendo la circostanza che ne impedisce l’esercizio, giusto il disposto dell’art. 69 del Decr. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, (cfr. in proposito, Cassazione Civile, Sez. I, 17 dicembre 1999, n. 14204).

In tali situazioni, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che “… ai fini della rimozione della causa d’incompatibilità per lite pendente, prevista dall’art. 63, comma 1, n. 4, d.lg. 267/2000, è necessario e sufficiente che il soggetto, il quale versi in una siffatta situazione, ponga in essere atti idonei, anche se non formalmente perfetti rispetto alla specifica disciplina che eventualmente li regoli, a far venir meno nella sostanza l’incompatibilità d’interessi realizzatasi a seguito dell’instaurazione della lite medesima. E poiché il sostanziale e incondizionato abbandono della vertenza elimina in radice la ragione di incompatibilità , la causa d’incompatibilità per lite pendente può essere esclusa in presenza di atti implicanti il sostanziale venir meno del conflitto, o il carattere pretestuoso della lite , inteso come artificiosa e maliziosa creazione o conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l’eletto …” (Cassazione Civile, Sez. I, 12 febbraio 2008, n. 3384).

Il candidato eletto ha il diritto, dunque, di adottare tutte le misure occorrenti a rimuovere la causa di incompatibilità e conservare in tal modo la carica di Sindaco, ovviamente laddove questa causa esista, sia stata opportunamente rilevata e non sia il risultato di una “…artificiosa e maliziosa creazione o conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l’eletto…”.

C) Infine, giova comunque, evidenziare che le norme in materia di incompatibilità e di restrizioni al diritto di elettorato passivo sono di stretta interpretazione, in quanto “… ogni limitazione al diritto medesimo ha carattere di eccezione rispetto al generale e fondamentale principio del libero accesso, in condizioni di eguaglianza, di tutti i cittadini alle cariche elettive (Corte Cost. 5 luglio 1991, n. 310 e 6 maggio 1996, n.141; Cassazione Civile Sez. III, 18 febbraio 2000, n. 489).

Di conseguenza, sarebbe illegittima ogni indebita estensione della loro portata applicativa oltre i limiti specificamente ed espressamente individuati dalle norme medesime e, quindi, in relazione alla situazione che si è dettagliata in premessa o alla proposizione di liti o controversie ad opera di soggetti diversi.

Ribadisco, dunque, con vigore l’assoluta infondatezza delle loro osservazioni e l’insussistenza di alcuna situazione di incompatibilità in capo alla mia persona.

Con osservanza.

Rosalia Guarnieri