Il tocco Eastwood

di Alfredo Sgarlato – Solo una volta in vita mia ho fatto parte di una maggioranza. Ho risposto all’appello di una rivista di cinema a elencare quattro scene forti sul piano emotivo. Alla domanda: la scena che ti ha fatto piangere ho risposto come quasi tutti i lettori “in Million Dollar Baby di Clint Eastwood, quando Clint dice alla ragazza cosa vuol dire ‘Mo Cushle’”. Perché non si può non piangere guardando un film di Clint Eastwood. Quando Tommy Lee Jones arriva sulla luna in Space Cowboys (il film che seppellisce il rambismo e il reaganismo)… quando i figli accettano i segreti della loro madre nei Ponti di Madison Country. Di fronte alla triste sorte dei ragazzi americani di Okinawa, trasformati loro malgrado in eroi e poi in fenomeni da baraccone in The Flags of our Fathers… di fronte alla triste sorte dei ragazzi giapponesi di Okinawa, mandati a morire in nome di valori sbagliati… o di fronte alla fine del Sogno Americano, così ben raccontata in Un Mondo Perfetto e in Mystic River.

Perché non ci sono storie, Clint è il maggior regista vivente. L’ultimo dei classici. L’ultimo a raccontare storie, con inizio, evoluzione del personaggio, fine. L’ultimo a non aver bisogno di effetti speciali. Anzi, il vero effetto speciale è il suo senso della misura. Pensate al pre-finale “cristiano” di Gran Torino e lo scempio che ne avrebbe fatto un Von Trier. O ad un film a rischio di retorica come Invictus e cosa ne avrebbe fatto Oliver Stone. A proposito: in nessun film avevo visto una partita così realistica e credibile, il montaggio alternato della finale con la scena dei poliziotti e il ragazzino è una lezione di regia. Oppure prendiamo Changeling, il suo film più anarchico e basagliano, deliziosamente anti-postmoderno: in teoria è un film totalmente sbagliato, la sceneggiatura non sta in piedi. In pratica è l’ennesimo film riuscito.

Anche sulla sua visione del mondo ci sarebbe da riflettere a lungo. Si dichiara repubblicano, ma in ognuno dei suoi film distrugge un falso mito neocon: la pena di morte (Fino a prova contraria), la tolleranza zero (Debito di sangue), l’individualismo (Space Cowboys), il razzismo e la gerarchia (un po’ in tutti) È difficile spiegare il tocco Eastwood, questo misto di leggerezza e profondità, che fa di Clint il maggior regista vivente (e Tarantino? E Lynch? Si anche….ma dopo Clint). Una volta Eastwood ha detto: “e pensare che io non ho mai fumato una sigaretta in vita mia, ma se un uomo di nome Serghio Leone (lui lo chiama così) non mi avesse messo un sigaro un bocca non sarei nessuno”. Intanto, dietro il sigaro la pistola e lo sguardo di ghiaccio imparava tutto del cinema.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato

di Alfredo Sgarlato – Solo una volta in vita mia ho fatto parte di una maggioranza. Ho risposto all’appello di una rivista di cinema a elencare quattro scene forti sul piano emotivo. Alla domanda: la scena che ti ha fatto piangere ho risposto come quasi tutti i lettori “in Million Dollar Baby di Clint Eastwood, quando Clint dice alla ragazza cosa vuol dire ‘Mo Cushle’”. Perché non si può non piangere guardando un film di Clint Eastwood. Quando Tommy Lee Jones arriva sulla luna in Space Cowboys (il film che seppellisce il rambismo e il reaganismo)… quando i figli accettano i segreti della loro madre nei Ponti di Madison Country. Di fronte alla triste sorte dei ragazzi americani di Okinawa, trasformati loro malgrado in eroi e poi in fenomeni da baraccone in The Flags of our Fathers… di fronte alla triste sorte dei ragazzi giapponesi di Okinawa, mandati a morire in nome di valori sbagliati… o di fronte alla fine del Sogno Americano, così ben raccontata in Un Mondo Perfetto e in Mystic River.

Perché non ci sono storie, Clint è il maggior regista vivente. L’ultimo dei classici. L’ultimo a raccontare storie, con inizio, evoluzione del personaggio, fine. L’ultimo a non aver bisogno di effetti speciali. Anzi, il vero effetto speciale è il suo senso della misura. Pensate al pre-finale “cristiano” di Gran Torino e lo scempio che ne avrebbe fatto un Von Trier. O ad un film a rischio di retorica come Invictus e cosa ne avrebbe fatto Oliver Stone. A proposito: in nessun film avevo visto una partita così realistica e credibile, il montaggio alternato della finale con la scena dei poliziotti e il ragazzino è una lezione di regia. Oppure prendiamo Changeling, il suo film più anarchico e basagliano, deliziosamente anti-postmoderno: in teoria è un film totalmente sbagliato, la sceneggiatura non sta in piedi. In pratica è l’ennesimo film riuscito.

Anche sulla sua visione del mondo ci sarebbe da riflettere a lungo. Si dichiara repubblicano, ma in ognuno dei suoi film distrugge un falso mito neocon: la pena di morte (Fino a prova contraria), la tolleranza zero (Debito di sangue), l’individualismo (Space Cowboys), il razzismo e la gerarchia (un po’ in tutti) È difficile spiegare il tocco Eastwood, questo misto di leggerezza e profondità, che fa di Clint il maggior regista vivente (e Tarantino? E Lynch? Si anche….ma dopo Clint). Una volta Eastwood ha detto: “e pensare che io non ho mai fumato una sigaretta in vita mia, ma se un uomo di nome Serghio Leone (lui lo chiama così) non mi avesse messo un sigaro un bocca non sarei nessuno”. Intanto, dietro il sigaro la pistola e lo sguardo di ghiaccio imparava tutto del cinema.