Cinema: il fenomeno Sundance

di Alfredo Sgarlato – Robert Redford negli ultimi anni più che per i classici ruoli di attore bello e liberal si è fatto notare come ideatore di un festival del cinema molto particolare. Lo ha chiamato Sundance, in onore al personaggio che ama di più tra quelli interpretati (the Sundance Kid, il bandito sognatore), si svolge in un piccolo paese tra i monti di nome Park South (vi ricorda qualcosa?) ed è dedicato alle opere prime ed alle produzioni indipendenti.

Nato come antidoto al cinema hollywoodiano commerciale e basato sugli incassi è diventato un fenomeno di successo, lanciando tutti i più originali tra i nuovi registi americani, da Tarantino, a Paul Thomas Anderson. Questo ha creato un bizzarro cortocircuito: molti dei registi più interessanti che ha scoperto, come Stacy Title (Una cena quasi perfetta) o Don Roos ( The opposite of sex) o Gary Ross (Pleasentville) o David Gordon Green (Undertow, inedito in Italia, ma chi l’ha visto ne parla come un capolavoro assoluto) si sono poi persi per strada o hanno iniziato una carriera molto più commerciale, al punto che si comincia a pensare che molti registi utilizzano furbescamente il Sundance come trampolino di lancio per la propria carriera pianificando a tavolino un esordio in stile “alternativo”.

I più maligni affermano addirittura che sia creato un vero e proprio “stile Sundance” con i suoi stereotipi ormai fissi, come l’insistenza su tematiche adolescenziali, con personaggi buffi e inadeguati (Thumbsucker, Il calamaro e la balena, La mia vita a Garden States…) o le storie d’amore tra imbranati (Me and you and everyone we know o l’ottimo 500 giorni insieme), l’uso strategico del rock alternativo nella colonna sonora, la presenza di attori presi da serie TV di culto (Lisa Kudrow di Friends, Zach Braff di Scrubs…) il racconto disinvolto di droghe e sessualità (il “simpatico amico gay” è un personaggio ricorrente). Proprio quest’ultimo aspetto è quello che la critica rimprovera di più, cioè che dietro uno stile blandamente trasgressivo si nasconda una visione del mondo rassicurante se non addirittura conservatrice (vedi Juno o Little Miss Sunshine, che peraltro fa morire dal ridere).

Ciò non toglie che tutti i film che vi ho citato siano belli: il critico fa il suo mestiere e cioè spaccare il capello in quattro, mentre il cinefilo chiede passione e intelligenza, e in questi film li trova. Perciò studiate bene la programmazione di cinema come l’Ambra di Albenga (questa non è pubblicità, è “product placement” e al cinema si fa) o i palinsesti notturni delle Tv: se notate un film americano sconosciuto è facile venga dal Sundance e sia da vedere. Però assicuratevi che nella colonna sonora ci siano i Belle & Sebastian.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato