Ferrero a Savona: “la sinistra deve mettere al centro il mondo del lavoro”; “Difendere la sanità in Liguria”

di Alessandro Sbarile – A dieci giorni dal voto amministrativo il segretario di Rifondazione Comunista nonché portavoce nazionale della Federazione della Sinistra (che comprende RC, Comunisti Italiani e Socialismo 2000) Paolo Ferrero ha incontrato militanti, elettori e simpatizzanti a Savona, presso la Società Fratellanza Leginese.

Introdotto dal segretario provinciale del suo partito Marco Ravera, Ferrero ha spiegato la valenza politica di questa tornata elettorale: “Penso sia evidente – ha detto l’ex ministro – che queste elezioni hanno anche carattere nazionale, dal momento che sono tredici le regioni che votano. Dunque sono un’occasione per dare un segnale a Berlusconi, che ne sta facendo di tutti i colori, come in economia dove non fa nulla per uscire dalla crisi mentre si trovano i soldi per cacciabombardieri e nucleare o, come sentito nelle intercettazioni, per le grandi opere fatte per dare la possibilità al loro blocco di fare affari. Va notato l’intreccio fra le politiche economiche per i ricchi e la corruzione”.

“Stanno provando a smontare giustizia, democrazia e informazione – ha proseguito Ferrero- ma penso che lo stiano iniziando a pagare sull’opinione pubblica moderata; quindi è possibile un elemento simile a quello francese, con una parte dell’elettorato di destra che non va a votare. Potrei raccontare l’esempio di un imprenditore di destra che ho incontrato e che mi ha raccontato che quando va all’estero in albergo gli chiedono se ha bisogno di una prostituta; alla fine queste cose cominciano ad incidere”.

“Vedo la situazione meno brutta di qualche tempo addietro. Serve dare un segnale perché il giorno dopo le elezioni se il nostro risultato sarà buono Berlusconi non potrà più esibire arroganza e determinazione, serve un segnale nazionale, in questo senso abbiamo lavorato il più possibile per fare accordi programmatici e, laddove non è stato possibile, abbiamo fatto comunque un accordo elettorale, come in Piemonte”.

Il segretario di Rifondazione ha idee chiare sull’approccio che la Federazione deve mantenere, di profilo diverso da quello dell’opposizione parlamentare: “per esempio – afferma – la legge sulla riforma del processo di lavoro con un contratto individuale che può anche essere peggiorativo e per cui il lavoratore non può ricorrere al magistrato ma ad un collegio arbitrale, il che è molto peggio del taglio dell’articolo 18 perché rende il rapporto di lavoro esterno alla legalità. Questa legge è passata nell’indifferenza e in un’aula vuota e questo dice che in Parlamento abbiamo un’opposizione di tipo liberale, che fa caos su alcune cose, come l’antiberlusconismo, ma non sul lavoro perché interclassista. Dunque in parlamento non c’è una rappresentanza del lavoro: la sinistra deve mettere il mondo del lavoro al centro sennò ci si ritrova nell’800, con il lavoro fuori dalla politica con la sinistra fuori dal conflitto di classe. Inoltre la sinistra moderata misura tutto in sviluppo, mentre nella crisi dobbiamo dire che vanno difesi i diritti dei lavoratori, che dobbiamo combattere la precarietà e che serve una riconversione del modello di sviluppo, rispettoso delle relazioni sociali, e una riconversione ambientale dell’economia. In questo senso anche a Burlando va fatta una tirata d’orecchie perché si continua a parlare di porti e valichi invece di usare quello che c’è, di non cementificare”.

Nell’ottica di Ferrero un buon risultato della Federazione della Sinistra può servire a dare maggiore peso alle proprie priorità “come sulla difesa sanità pubblica: in Liguria abbiamo accettato un accordo di governo anche con l’Udc, caso unico in Italia, perché sui programmi i centristi non hanno portato a casa niente, ma è evidente che cominceranno a tirare dopo le elezioni, perché hanno l’idea per cui ridurre il peso dello Stato nell’assistenza e nella sanità, per aprire la porta al privato sociale; per quanto ci riguarda vale il programma e la battaglia in difesa della sanità pubblica è frontale. Se fai vincere il centrosinistra più è forte la sinistra della coalizione e più si tiene l’indirizzo; stare al governo è un terreno di lotta e non un pranzo di gala”.

Sulle prospettive politiche del soggetto presentato a queste elezioni, Ferrero sottolinea le priorità: “in primis – sottolinea l’ex ministro – lavorare per la Federazione della Sinistra: stiamo arrivando a un punto di non ritorno, la costruzione della federazione è un punto decisivo da cui non si torna indietro. Non è un partito ma si deve badare agli elementi su cui siamo d’accordo, dobbiamo ricostruire il movimento operaio, dare un posto dove ci si possa richiamare compagni, uno spazio per costruire la possibilità di fare politica per giovani che non hanno tanto luoghi”.

Sulle prospettive del capitalismo, Ferrero ha le idee chiare: “Penso – dice – che dobbiamo uscire dalla situazione in cui ci percepiamo come gli ultimi giapponesi nella giungla perché abbiamo ragione sul fatto che il capitalismo non è in grado di dare risposte a bisogni fondamentali dell’umanità, ma ha tendenze barbariche e non democratiche. Si pensi ai tre milioni di immigrati che non votano: siamo tornati a inizio ‘900 con i braccianti che non possono votare, vuol dire che un decimo degli operai non ha diritto di voto, ma democrazia non c’è più se uso i tuoi soldi e decido solo io come si usano. La crisi sta dicendo che abbiamo ragione, serve una logica universalistica, siamo una piccola federazione ma dalle grandi ragioni”.

Sul valore della falce e martello, Ferrero spiega che “abbiamo tenuto i simboli, dal momento che non esiste in Italia una memoria condivisa, ma ci sono due memorie che stanno assieme: in una il fascismo è stato disastroso, la lotta di liberazione ha ridato dignità al Paese, come le lotte contadine, per cui il ’68 ha rappresentato qualcosa di importante, per cui negli anni ’80 è cominciata una decadenza che dura ancora oggi; per un’altra memoria il fascismo non è stato male, la lotta di liberazione senza gli americani avrebbe creato un’altra dittatura e che, sul piano morale, repubblichini e partigiani siano la stessa cosa, anzi i repubblichini siano meglio perché inseguivano il mito della ‘bella morte’, poi per loro il ’68 va cancellato, che dagli anni’80 siamo sui giusti binari e che chi ha il consenso del popolo deve governare sopra tutto”.

“Oggi la nostra narrazione sembra scomparsa e la scomparsa del Pci è stata un disastro perché ha messo in discussione questa visione della storia, per cui Berlusconi non ha contraltare sulla narrazione del paese, ma storia è terreno di battaglia politica. Dunque il nostro è un simbolo di giustizia sociale ed emancipazione e lo teniamo non per nostalgia ma perché se viene meno questa storia c’è solo l’altra,in cui prevale la logica della legge della giungla; non è nostalgia ma chiarezza. Dobbiamo declinare tutto ciò con la gioia di chi vuole cambiare”.