Arte a Palazzo Ducale

di Alfredo Sgarlato – C’è tempo fino a domenica per visitare le due splendide mostre ospitate al Palazzo Ducale di Genova. La prima, nell’Appartamento del Doge, è dedicata al pittore e designer tedesco Otto Hoffmann (1907-1996). Hoffmann fu allievo di Kandinskij e Klee (sono esposti i quaderni con gli appunti delle loro lezioni); se nella prima fase della sua carriera è evidente l’influenza dei maestri, in seguito Hoffmann arriva ad uno stile personale intermedio tra realismo e astratto: i temi sono evidenti e riconoscibili, ma lo stile ricerca l’astrazione abbattendo i vincoli del reale. Hoffmann diventa insegnante alla prestigiosa scuola della Bauhaus, ma alcuni suoi articoli critici lo fanno ben presto bollare come “artista degenerato” e gli viene impedito di lavorare. Costretto ad arruolarsi viene mandato sul fronte russo dove è fatto prigioniero. Durante la guerra e la prigionia è l’amore per l’arte che gli consente di restare umano; bellissime le lettere illustrate che manda agli amici e che sono esposte anch’esse. Dipinge alcuni paesaggi russi che ricordano nell’uso del colore quelli di Chagall.

Dopo la guerra sceglie la Germania Est, ma ben presto deve fuggire a Parigi. Negli anni ’50 lavora soprattutto nell’insegnamento e nel design: una sala è dedicata a oggetti d’uso quotidiano progettati da lui, molto belli. Ritorna presto a dipingere, adesso opere totalmente astratte con alcuni temi ricorrenti (le scale, i circoli luminosi), sfruttando ogni tecnica possibile: acquarello, olio su tela, china, pastelli, carboncino, incisioni. Dal ’76 alla morte vive a Pompeiana (IM), dove dipinge tele molto grandi, che sebbene astratte mostrano l’amore per il paesaggio ligure. Oltre alle opere di Hoffmann (circa 400) sono esposte 50 fotografie di altri artisti della Bauhaus, soprattutto Lazlo Moholy-Nagy.

Nella Loggia degli Abati si possono invece ammirare le fotografie del grandissimo Henry Cartier Bresson scattate durante due viaggi in Unione Sovietica (anni ’50 e ’70). Sono foto in bianco e nero, pieno del dinamismo tipico dello stile di questo grande maestro, alcune sembrano addirittura scene da un musical, altre sono invece piuttosto inquietanti (la parata degli atleti a torso nudo, le bambine che giocano davanti ai ritratti dei tiranni). Una in particolare mi è sembrata magnifica: una sala vuota, sul muro l’onnipresente ritratto di Lenin e una scritta incomprensibile; nella sala accanto, più sullo sfondo, una coppia, lei bellissima, balla con leggerezza.

P.S. se invece siete nostalgici degli anni ’80 al museo di Villa Croce “Ristabilire il Disordine” mostra che documenta l’attività del centro culturale UH!, musica, fanzines, performances periodo ‘79/’83, fino al 7 marzo.