Una certa tendenza della musica rock

di Alfredo Sgarlato – Il vostro affezionatissimo cronista ha da tempo immemorabile una grande passione per un filone della musica che si vuole chiamare sotterranea, o alternativa, o indipendente, che carsicamente appare e riappare nei decenni. Si tratta di gruppi rock con voci femminili, ma voci non invadenti, adolescenziali, il cui modello sono le cantanti brasiliane, Astrud Gilberto in testa. Partenza del filone è l’unico album pubblicato dai gallesi Young Marble Giants, “Colossal Youth“, uscito nel 1980. Il gruppo era formato dai fratelli Phil e Stuart Moxham, basso e chitarra, e dalla fidanzata del più anziano, Alison Statton, cantante. Nati quasi per gioco, vennero apprezzati dal vivo e messi sotto contratto, ma fare una tournèe vera e propria portò Alison e Phil ad avere una relazione matrimoniale per cui non erano pronti, così si lasciarono e sciolsero il gruppo.


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Young Marble Giants

Questo disco è un prodotto paradigmatico del filone detto “New wave”, la generazione di musicisti emersa dopo il ’77, che proponeva una rilettura critica della storia del rock, riscoprendo geni incompresi come Scott Walker, distaccandosi dalle generazioni precedenti che consideravano traditrici dello spirito del rock. Spirito che tradivano altrettanto, contaminandosi con l’elettronica e il minimalismo in alcuni casi, con le musiche afro e caraibiche in altri, persino con la bossa nova con cui condividevano il nome. Qui il basso è lo strumento chiave, come nel reggae, la chitarra ricama invece di preponderare, l’atmosfera è notturna, intima, liquida.

The Raincoats

Altra differenza dal rock del passato: molti gruppi della new wave avevano una ragazza come leader, su tutti Siouxsie and the Banshees, però molti diversi dal filone che stiamo riscoprendo, o erano composti da sole ragazze, come Slits e Raincoats, le più brave a miscelare le taglienti sonorità post punk con ritmi reggae e funky, armonie sghembe rubate al rock di Canterbury e improvvisazioni jazzate. In alcuni casi il gruppo si limitava a voce e tastiere, come i Pink Industry, Jayne Casey e Ambrose Reynolds (fondatore dei Frankie goes to Hollywood) o i Thick Pigeon, Stanton Miranda e Carter Burwell (poi autore di colonne sonore, specie per i Fratelli Coen). Più orientati al pop gruppi come Marine Girls, la cui leader Tracey Thorne poi formerà gli ottimi Everything but the girl, o le francesi Antenna. Nel 1982 Alison Statton forma con alcuni musicisti jazz i Weekend, che sono tra i primi a contaminare la new wave con arrangiamenti acustici, folk e ritmi sudamericani. Incidono un solo album, “La Varietèe“, piuttosto inosservato, ma che apre la strada a molti gruppi di maggior successo, come Style Council, Aztec Camera, Prefab Sprout e i già citati Everything but the girl. Tra i gruppi che contaminano la new wave col jazz amo ricordare i fantastici Ludus formati dall’eccentrica cantante, artista figurativa e performer Linder Sterling e dal chitarrista Ian Devine. Anche loro pubblicarono poco materiale. A fine anni ’80, chiudendo il cerchio, Alison Statton e Ian Devine incidono un paio di dischi insieme, un po’ sottotono.

Ludus

Negli anni ’90 la storia del rock sembra andare in direzione totalmente avversa, con l’esplosione di generi assolutamente mascolini come metal e grunge. Ma le ragazze lavorano nell’ombra. Nascono gruppi come gli Stereolab di Lætitia Sadier, i Pram di Rosie Cuckston, i Moonshake di Margaret Fiedler (poi nei Laika) che riprendono la new wave più esoterica, esaltando le influenze più strane, il kraut rock in testa, e aggiungendo una forte contaminazione con la lounge music, il jazz leggero degli anni ’50/’60, e un esplicita passione per le colonne sonore, Piero Piccioni su tutti. Sadier e Cuckston incidono anche un paio di dischi insieme a nome Monade. Anche per questi gruppi le voci femminili sono elemento distintivo, nel bene e nel male: Lætitia è spesso piuttosto monocorde, Rosie non sempre appare perfettamente intonata. Eppure contribuiscono al fascino di gruppi che, tra i più originali e avventurosi del decennio, non sono mai usciti dall’underground, forse proprio per quello.

Stereolab

La suggestione delle voci femminili (ripeto, quelle più influenzate dalle cantanti anni ’60, non di isipirazione soul o gotica) non si limita a questi gruppi, coinvolge progetti più pop come i Saint Etienne o i molto più oscuri, sublimi Portishead di Beth Gibbons, l’ultima diva possibile (va detto, dotata di tecnica vocale molto superiore), o le pagine degli Yo La Tengo affidate alla batterista Georgia Hubley. Nel 2000 riappare a sprazzi, con un gruppo diventato culto come i Broadcast della sfortunata Trish Keenan, scomparsa a soli 42 anni, o progetti più effimeri: io avevo apprezzato molto The Young People, scomparsi dopo un solo disco. Recenti, su questa linea, i giovanissimi americani Crumb. Una linea sotterranea, mai baciata dal successo, che però è tra le più feconde nella storia del rock recente. Può non piacere, o ammaliare irrimedibilmente. A voi l’adua sentenza.

Pram