Ottobre De Andrè, omaggio “Senza parole”

Mario Arcari, Giorgio Cordini ed Ellade Bandini

Albenga | di Alfredo Sgarlato Secondo appuntamento con Ottobre De Andrè nell’ex Chiesa di San Lorenzo ad Albenga dove, in un’atmosfera raccolta e consona alla proposta musicale, l’omaggio al cantautore genovese, presentato da Carla Migliardi, viene da chi a lungo ha suonato con lui: in ordine alfabetico Mario Arcari, fiatista anche al servizio di Ivano Fossati e Armando Corsi, Ellade Bandini, batterista che ha fatto la storia della musica italiani (oltre a De Andrè circa mille collaborazioni tra cui Guccini, Paolo Conte, Mina, e moltissimi grandi del jazz) e Giorgio Cordini, chitarrista arrivato alla corte di Faber grazie a una storica collaborazione con Mauro Pagani.

Il trio, ci raccontano i musicisti, nasce dalla voglia di ricreare dal vivo la semplicità delle prime prove in sala di incisione, in cui si trovano solo uno strumento ritmico, uno armonico, qui la chitarra, e uno melodico, in questo caso i molti fiati di Arcari: sax sopranino, clarinetto, oboe, flauti.

Molti dei brani sono proposti in versione strumentale: sembra un’eresia quando si tratta di cantautori, ma come ci dice Ellade, si pone fin troppa enfasi sui testi, per quanto belli e poetici, e si dimentica che a fare grande una canzone è anche, e soprattutto, la qualità della scrittura musicale. Ha ragione: quanti si cimentano nella canzone pur non sapendo scrivere una melodia o un arrangiamento, o non sapendo cantare, o addirittura parlottando su basi. A fare grandi i grandi è la bellezza totale delle canzoni, non solo delle parole.

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Infatti molti dei brani proposti, di Fossati, Guccini, Conte oltre che di Faber, funzionano perfettamente anche senza parole (così si initola il disco dei tre), come “Noi non ci saremo” eseguita con un raffinato tempo in levare (una di quelle cose che a puristi e tradizionalisti fanno venire l’orticaria), o la struggente “Sidun”, con Cordini al bouzouki, che fornisce lo spunto per uno dei molti aneddoti che il chitarrista e Bandini ci raccontano. Molti sono relativi al concerto di Albenga, nel ’91: ma alla fatidica domanda; “chi c’era?” non siamo in molti ad alzare la mano. L’intesa tra i musicisti è perfetta, e risaltano i raffinati intarsi dei fiati. Viene omaggiato anche il grande Chico Barque con “O que serà”, a ricordarci che senza le influenze di oltreoceano la canzone italiana sarebbe finita dopo Claudio Villa.

Non mancano però brani cantati, come “Il bombarolo” che, racconta Cordini, ad ogni concerto era richiesta ma Fabrizio si rifiutava di eseguire, perché riteneva non avesse senso fuori dall’album di cui faceva parte, o “Alle prese con una verde milonga”, che anche in un arrangiamento più scarno non perde un grammo del suo fascino, e l’immancabile finale con “Il pescatore”, con pirotecnico solo di Bandini, sempre simpaticissimo anche come narratore, che scatena l’ovazione del pubblico. Due ore di musica filate via in un attimo, con musicisti di grande talento e forza comunicativa, che hanno saputo emozionare gli spettatori con note e racconti.