Vigilanza privata e servizi fiduciari, in sciopero i 70mila addetti

Appalti al massimo ribasso e dumping contrattuale sono fenomeni in espansione anche nel comparto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari dove circa 70mila lavoratori dipendenti attendono dal 2015 il rinnovo del contratto nazionale leader sottoscritto dalle associazioni maggiormente rappresentative.


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Ostiche ed inique, per i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, le proposte avanzate al tavolo negoziale dalle associazioni imprenditoriali di settore Univ, Anivip, Assiv e delle imprese cooperative Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Federlavoro e Servizi e Agci Servizi.
Tanto basta ai sindacati per proclamare lo sciopero generale della categoria il prossimo 4 maggio (l’8 maggio per il solo personale addetto al servizio di accesso ai varchi di imbarcopasseggeri negli aeroporti). “Senza contratto non c’è sicurezza” lo slogan della mobilitazione, supportata da una manifestazione nazionale a Roma. Sono oltre 4mila i lavoratori attesi in Piazza Santissimi Apostoli dove si alzerà la voce degli addetti del comparto dei servizi e si alterneranno gli interventi delle segreterie nazionali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs.

«Le soluzioni caldeggiate dalle parti datoriali, per quanto eterogenee, sono accomunate da un unico fine: peggiorare le attuali condizioni praticate alle lavoratrici ed ai lavoratori del settore. Se fossero integralmente accolte, farebbero compiere alla categoria un salto indietro di 30 anni e spoglierebbero i lavoratori di tutele, garanzie e diritti conquistati a prezzo di sacrifici, lotte e mobilitazioni» ha stigmatizzato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Vincenzo Dell’Orefice.

«L’attacco senza precedenti sferrato alle garanzie salari, organizzative, di orario di lavoro, di trattamento economico di malattia e relative al diritto ai riposi settimanali, combinato alle richieste datoriali di prevedere contrattualmente per le imprese la prerogativa generalizzata ed incondizionata di fare ricorso al lavoro a chiamata/intermittente, di liberalizzare indiscriminatamente il contratto a tempo determinato in deroga alla normativa vigente e di smantellare l’apparato di tutele e garanzie attualmente previste dal contratto nazionale per gli addetti coinvolti in procedure di cambio di appalto e/o di subentro in servizio di altra impresa, – sottolinea il sindacalista –  farebbe della categoria una sorta di cavia da laboratorio sulla quale sperimentare i nefasti effetti della visione più spinta di un business che trae la sua ragion d’essere dalla negazione dei più basici ed elementari principi di qualità della vita e del lavoro e che concepisce sé stesso in forte chiave antitetica alle finalità sociali che l’impresa pur dovrebbe avere».

«I lavoratori di un settore nel quale si opera prevalentemente in regime di appalto meritano un rinnovo dignitoso in termini economico-normativi, un congruo aumento salariale, anche rapportato al rischio a cui quotidianamente sono esposti» ha aggiunto. «Il contratto nazionale, specie in un comparto altamente frammentato, spesso connotato da episodi di illegalità e da perduranti fenomeni di elusione delle norme vigenti su fisco, salute, sicurezza e salario, ha un ruolo fondamentale ed imprescindibile finanche ai fini di una maggiore qualificazione e selezione dei soggetti che vi operano. Rinnovare il contratto, in estrema sintesi, serve a costituire un argine rispetto alle logiche della concorrenza al ribasso favorita dai contratti in dumping sottoscritti dai sindacati non rappresentativi» ha affondato Dell’Orefice.

«È necessario ridefinire una contrattazione nazionale leader del settore siglata dalle associazioni maggiormente rappresentative. La scommessa sulla crescita del comparto, che la mobilitazione della categoria vuole rilanciare – ha concluso il sindacalista – passa soprattutto da un salario dignitoso e da norme che accrescano la qualità del lavoro attraverso nuovi istituti condivisi su organizzazione, orario di lavoro, mantenimento delle condizioni normative ed economiche anche nei passaggi di gestione dei servizi forniti a terzi e per un ruolo più incisivo della bilateralità di settore».

1 Commento

  1. Si viene pagati dalle aziende come operai del livello più basso in Italia, ma si è incaricati di pubblico servizio per le Prefetture. Nella pratica, abbiamo solo doveri, come accade nella pratica, in una vera e propria schiavitù, abilmente mascherata da una divisa.

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