Teatro. La guerra non ha volto di donna – Dalle opere di Svetlana Aleksievic e Anna Akmatova

A Genova, sesto appuntamento con la Stagione Teatrale Altrove: venerdì 26 e Sabato 27 gennaio (ore 21) in scena “La guerra non ha volto di donna”, una produzione Narramondo Teatro & Altrove – Teatro della Maddalena / In collaborazione con Liceo Artistico Paul Klee-N. Barabino / Ass. Culturale Ratatok Teatro.

“La guerra non ha volto di donna” riprende opere di Svetlana Aleksievic e Anna Akmatova, con adattamento e regia di Carlo Orlando, e sul palco interpreti saranno Fiammetta Bellone, Eva Cambiale, Barbara Moselli, Carlo Orlando, Aleph Viola. (Info e biglietteria: info@teatroaltrove.it – Tel. 010.9753672; prenotazioni sms e whatsapp: 339.8657158).

LO SPETTACOLO — Lo spettacolo «è frutto di un percorso di studio che inizia più di dieci anni fa. Rappresenta una summa del nostro lavoro intorno alla figura della Aleksievic. Negli anni la nostra associazione ha portato in scena in forma di mise en espace, letture e incontri il materiale che oggi ha finalmente trovato una forma compiuta: Uno spettacolo corale per una drammaturgia fantasmagorica di voci che si intrecciano, si sovrappongono e dipingono un potente affresco di Storia Universale avvitata allle piccole vicende di singole persone. Un racconto vero e immaginifico al tempo stesso nel quale lo spettatore e gli attori in scena si perdono e si ritrovano, cercando insieme piccoli brandelli di verità, senso, consolazione. Ora finalmente troverà nello spettacolo una posizione precisa e compiuta anche il lavoro di scenografia e costumi, esito di un lungo appassionante lavoro di apprendistato degli alunni del liceo Klee che già da questʼanno lavoreranno al nostro fianco. Si tratta quindi di un percorso di ricerca lungo e articolato che vedrà protagonisti più soggetti. Uno spettacolo creato e ideato con pazienza e tenacia, lontano dai soliti schemi produttivi.»

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NOTE DI REGIA – Non è teatro di narrazione, non è teatro di parola, non è teatro di “prosa”. Non è teatro dʼattore o teatro di regia. Lasciamo volentieri ad altri il compito, se ne avranno voglia, di definirci. È uno spettacolo teatrale, questo sì. Un sistema di segni complesso e stratificato. Al centro di questo sistema non cʼè nessun segno che ha la supremazia sugli altri. Non il testo, non le parole, non gli attori, men che meno la regia. Un movimento dinamico e costante, un passaggio di continuo di consegne tra i vari segni e linguaggi che compongono lo spettacolo costituisce il centro del nostro lavoro. Un cambio luci, un gesto, lʼingresso di una musica, un silenzio, tutto è spettacolo teatrale. Tutto è necessario. Irrinunciabile. Ogni cosa deve accettare la propria incompiutezza e imperfezione e trovare nel concerto con tutto il resto lʼ espressione esatta della propria forma. Il teatro politico, si sa, corre il rischio di cadere spesso nella predica, nella facile schematizzazione, nel manicheismo. Da una parte un regime corrotto, fanatico e ipocrita e dallʼaltra il coraggio di un artista che svela la falsa coscienza di una società, di un apparato, di un intero sistema politico e culturale. Da una parte la verità, dallʼaltra la propaganda. Da una parte chi combatte una guerra criminale, dallʼaltra chi la guerra la odia e predica la pace. Lʼindagine di Svetlana Aleksievic va ben oltre questa facile e irritante semplificazione. Da cittadina dellʼUnione Sovietica, guarda con pietà e compassione al crollo e allo sgretolarsi di un sogno e piange con chi ha pagato a caro prezzo la dissoluzione delle proprie illusioni, comprendendone le ragioni, più intime e profonde. Parallelamente alla vicenda dellʼAleksievic svolgeremo un’altra linea narrativa, incentrata sulla poetessa Anna Achmatova. Attraverso le parole del suo poema “Requiem”, la figura dellʼ Acmathova accompagnerà Svetlana Aleksievic nella sua ricerca della verità, sovrapponendosi ora a lei ora ai testimoni da lei intervistati. Il copione è in via di definizione. E il lavoro resterà aperto fino allʼultimo a modifiche, aggiunte e tagli. Consideriamo il copione non come il sacro libro da cui tutto inizia, ma come uno strumento che al pari degli altri è soggetto fino allʼultimo al movimento che la creazione dello spettacolo gli impone.

SVETLANA ALEKSIEVIC — È nota soprattutto per essere stata cronista, per i connazionali, dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda metà del XX secolo: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di Černobyl’, ai suicidi seguiti allo scioglimento dell’URSS. Su ognuno di questi particolari argomenti ha scritto libri, tradotti anche in varie lingue, che le sono valsi la fama internazionale e importanti riconoscimenti. Con le sue opere tradotte in molte lingue, si è fatta conoscere in tutto il mondo: La guerra non ha un volto di donna (sulle donne sovietiche al fronte nella seconda guerra mondiale), Ragazzi di zinco (sui reduci della guerra in Afghanistan), Preghiera per Cernobyl’ (sulle vittime della tragedia nucleare), Incantati dalla morte (sui suicidi in seguito al crollo dell’URSS). Nata nell’Ucraina occidentale da padre bielorusso e madre ucraina, è cresciuta in Bielorussia, dove ha vissuto finché, perseguitata dal regime del presidente Aleksandr Lukašenko, è stata costretta a lasciare il Paese perché su di lei gravava l’accusa di essere un’agente della CIA. Attualmente vive a Parigi. L’8 ottobre 2015 è insignita del Premio Nobel per la letteratura, “per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”. Quattordicesima donna a vincere il Premio Nobel, è la prima persona bielorussa a vincerlo e la seconda persona di origini ucraine a vincerlo dopo Shmuel Yosef Agnon, che lo vinse nel 1966.

ANNA ACHMATOVA — Figlia di Andreij Antonovich Gorenko, funzionario pubblico, e di Inna Erazmovna Stogova, entrambi di nobile famiglia, fu moglie dal 1910 al 1918 di Nikolaj Gumilëv, dal quale ebbe il figlio Lev. Fece parte della Corporazione dei poeti, un gruppo acmeista fondato e guidato dal marito. Compose la prima opera, La sera, nel 1912, alla quale seguì Il rosario nel 1914, caratterizzate entrambe da un’intima delicatezza. Lo stormo bianco (1917), Piantaggine (1921), Anno Domini MCMXXI (1922) sono raccolte di versi ispirate dal nostalgico ricordo dell’esperienza biografica, che spesso assumono quasi la cadenza di una preghiera.

Dopo la fucilazione del primo marito, Nikolaj, nel 1921, seguì una lunga pausa indotta dalla censura, che la poetessa ruppe nel 1940 con Il salice e Da sei libri, raccolte dalle quali emerge un dolore derivato dalla costante ricerca della bontà degli uomini. Il figlio Lev fu imprigionato fra il 1935 e il 1940 nel periodo delle grandi purghe staliniane. Espulsa dall’Unione degli Scrittori Sovietici nel 1946 con l’accusa di estetismo e di disimpegno politico, riuscì tuttavia ad essere riabilitata nel 1955, pubblicando nel 1962 un’opera alla quale lavorava già dal 1942, il Poema senza eroe, un nostalgico ricordo del passato russo, rielaborato attraverso la drammaticità che la nuova visione della Storia comporta, e attraverso una trasfigurazione dello spazio e del tempo in una concezione di puro fine. Sulla sua poetica ebbe molta influenza la conoscenza delle opere di Dante Alighieri, come anche testimonia il filosofo Vladimir Kantor: «Quando chiesero ad Anna Achmatova, la matriarca della poesia russa, “Lei ha letto Dante?”, con il suo tono da grande regina della poesia rispose: “Non faccio altro che leggere Dante”».