Il concerto di Niccolò Fabi e GnuQuartet ha chiuso la prima edizione della FIM (foto)

di Alfredo Sgarlato – Il sole fortunatamente bacia la seconda giornata della FIM, funestata il primo giorno del maltempo. Peccato, perché la musica era ottima e l’organizzazione ha funzionato comunque bene. Sul palco blu, presentato da Francesco Ugolini e con l’ottimo Alessandro Mazzitelli dietro al mixer sento suonare i Tindara, formazione dedita al classico rock alternativo tra psichedelia e quelle sonorità americane dette “slacker”, cioè indolenti. Si ascoltano molto volentieri. Giro per l’Ippodromo dei Fiori a caccia di scoperte musicali. La proposte sono moltissime, forse anche troppe.

Sul palco verde, dedicato al prog, con Athos Enrile presentatore e Fonal come fonico, aprono Le porte non aperte, gruppo giovane che suona il più classico prog italiano: lunghi passaggi strumentali affidati in gran parte alla tastiere e cantante molto tecnico, con testi poetici e introspettivi. Gli amanti del genere li apprezzano, così come il seguente Giulio Cesare Neri, chitarrista di alto livello tecnico. È possibile ascoltare tutti generi di musica, anche in sessions improvvisate, come quella che coinvolge un ottimo gruppo blues di cui purtroppo non conosco il nome, o quella tra i percussionisti molto noti in zona Ben Hammouda e Leonardo Saracino. Così come il Doralice Duo, o Stefania Pasqualini e Guido Lo Re, entrambi voce jazz e chitarra, che si esibiscono più volte nel corso delle due giornate, non sfigurando davanti ai nomi più noti. Incontriamo la splendida voce della soprano Elisabetta Isola, accompagnata da Giampiero Lo Bello alla tromba, o il tastierista delle PFM Gianluca Tagliavini che dà una dimostrazione degli strumenti Yamaha, oltre che della sua tecnica strepitosa.

Ci sono stand di liutai, piccole etichette, piccole per notorietà ovviamente, bancarelle di dischi nuovi e usati. Purtroppo la domenica tutti questi stand chiudono un po’ troppo presto. Torniamo alle esibizioni musicali. Sul palco verde ecco Il Cerchio d’Oro, formazione di Savona nata negli anni ’70 e tornata in giro da qualche anno (nel frattempo basso e batteria, i fratelli Terribile, avevano formato i Cavern, prima tribute band dei Beatles italiana). Presentano brani sia dal primo album “Il viaggio di Colombo” che dal nuovo “Dedalo e Icaro”, con le ospitate di Pino Sinnone, ex Trip e Fico Piazza, primo bassista della PFM. Ci dice Franco Piccolini, tastierista del gruppo, a proposito del rinnovato interesse per il prog italiano: “questa rinascita del prog non è un tentativo di resettare qualcosa, ma semplicemente ci sono state delle strade che prima l’avevano allontanato un po’ dalla gente, ma io sono convinto che nel cuore dei fan e di chi lo suonava è rimasto profondamente, ora è un periodo in cui non ci sono molte novità da ascoltare e allora c’è spazio per riscoprire questo genere, noi siamo molti contenti di fare la nostra parte e speriamo che anche dal pubblico venga gradita”.

Quindi è il turno de Il Tempio delle Clessidre, gruppo guidato dalla bella ed elegantissima tastierista Elisa Montaldo, molto apprezzati dalla critica anche all’estero. Il loro è il prog più concettuale, con melodie molto elaborate e ritmi complessi, su tempi dispari. Non mi convince però la voce del cantante, troppo enfatica. Sul palco verde invece abbiamo la voce di impostazione jazz di Cristina Baroni, molto piacevole anche se non particolarmente originale. I gruppi sono moltissimi e la proposta varia. Sul palco giallo, forse un po’ penalizzato dalla posizione c’è l’esibizione di Bobby Soul, per chi scrive tra le più coinvolgenti della manifestazione. Accompagnato solo da un chitarrista canta con la sua bella voce brani propri e cover, stravolgendo anche canzoni di Trent Reznor e Depeche Mode, trasformandole in brani soul o funky. Sullo stesso palco anche gradevolissimi gruppi giovani come Admal, pop rock molto ritmato, Pablo di Mare, tra cantautorato e folk gitano, o Mechinato, pop mescolato con musiche balcaniche che Elio non ama ma si sbaglia.

Al festival prog un altro momento clou è dato dai Garybaldi, riformati dal batterista Maurizio Cassinelli, purtroppo senza il chitarrista Bambi Fossati, in cattive condizioni di salute. Se con Bambi si erano portati verso l’hard rock, ora tornano al più classico prog di scuola genovese, con ampi sviluppi melodici e molto uso dei cori. Mentre sul palco giallo chiudono i Trilli, formazione storica del folk genovese, portata avanti dal figlio di Pippo, il palco Blu va verso il gran finale. Gli Statuto, storica formazione ska torinese, sono premiati per i trent’anni di carriera. Coi loro ritmi travolgenti fanno ballare il pubblico che canta in coro sia i vecchi successi come “Piera”, sia le canzoni nuove, apparentemente scanzonate ma intrise invece di impegno sociale. Zibba presenta in versione acustica il nuovo album “E sottolineo se”, tributo a Giorgio Calabrese, ma non trascura le canzoni più amate come “Margherita”.

Mentre sorge la luna Niccolò Fabi, accompagnato dallo Gnu Quartet e dal raffinato batterista Fabio Rondanini, in comproprietà coi Calibro 35, scherza sul clima nel frattempo diventato invernale, presenta il nuovo album “Ecco” e ripesca i propri classici, con nuovi arrangiamenti. Fabi sa creare una bella atmosfera e ascoltare musicisti così bravi è un piacere. Un medley reggae che contiene anche lo stravolgimento di “Nel blu dipinto di blu” esalta il pubblico. Davvero un bel finale per una manifestazione che, mal tempo a parte, ma quello a maggio non si poteva prevedere, si può dire riuscita. Un appunto però mi pare giusto farlo: se per chi ha seguito i concerti fin dal mattino il biglietto a 15€ è onesto, per chi è arrivato solo la sera si poteva fare un ridotto. Ma anche col freddo ciò che conta è la musica e ne abbiamo sentita veramente e tanta e bella.