Piero Simondo: arte e memoria nell’antologica “L’immagine imprevista (opere 1955-2008)”

di Fabrizio Pinna – Alla presenza del Maestro Piero Simondo (Cosio d’Arroscia, 1928), inaugurata domenica scorsa la mostra antologica “L’immagine imprevista (opere 1955-2008)”, allestita negli spazi dell’Oratorio de’ Disciplinanti nel Complesso monumentale di Santa Caterina in Finale Ligure Borgo.

Una personale molto attesa, dal momento che l’artista ha sempre avuto una certa riluttanza a entrare a pieno regime, per così dire, nel rapido vortice dei circuiti espositivi il quale – tra dibattiti e polemiche che hanno attraversato il Novecento – ha sempre più caratterizzato il mondo dell’arte contemporanea. “È da parecchio che non espongo, del resto non ho mai esposto molto e in effetti questa mostra è più dovuta a Sandro Ricaldone che a me”, spiega lo stesso Piero Simondo: “Perché non esporre? Una volta pensavo di saperlo con precisione, era l’idea concretizzata dell’anti-mercato; pensavo allora che il mercato dell’arte fosse una schifezza, da evitare e respingere; non che oggi la pensi molto diversamente, ma il mercato c’è e non è stato respinto. D’altra parte si pone il problema correlato: perché produrre?”.

La quarantina di opere scelte per l’esposizione dal curatore Sandro Ricaldone – dai monotipi alle opere polimateriche – forniscono una ricca e varia campionatura del lungo e talvolta frammentato percorso di ricerca artistica di Simondo, il quale ha esplorato nei decenni i confini e le potenzialità dell’informale in una dimensione originale e personale.

A metà degli anni Cinquanta, tra Alba e Cosio, Piero Simondo fu tra i principali animatori del “Bauhaus immaginista” col Laboratorio Sperimentale del MIBI e, prima della rottura avvenuta a pochi mesi dalla nascita, dell’Internazionale situazionista. Un periodo ricco di fermenti e collaborazioni artistiche internazionali così come di rotture insanabili, illustrate anche dagli scritti e documenti raccolti nel bel volume “L’immagine imprevista – rendiconti opere interviste” pubblicato dalla casa editrice genovese «il canneto» in occasione della mostra di Finalborgo. “Tutto si manifesta e si sviluppa tra il ’52 e il ’58, nel giro di un pugno di anni”, ricorda Simondo: “nel 52 c’è stata la mostra di ceramiche astratte, mie e dell’amico Catti, al Circolo sociale o dei Signori di Alba, organizzata da quella che sarebbe diventata mia moglie, Elena Varrone. È seguita la mia dislocazione da Torino ad Alba e la produzione di tavole in resine naturali colorate, con Gallizio, poi esposte ad Albissola nel ’55. La conoscenza con Jorn ha portato alla creazione del Laboratorio sperimentale del Bauhaus immaginista nello stesso anno; nel ’56 viene organizzato il primo Congresso mondiale degli artisti liberi, cui seguono altre manifestazioni, a Bruxelles e a Londra. Nel ’57 a Cosio viene fondata l’Internazionale situazionista, dalla quale io, Elena e Walter Olmo nel ’58 ci distacchiamo, in dissenso verso Debord e la sua costruzione teorico-pratica”. E poi ancora, nel ’62, l’esperimento a Torino del gruppo CIRA, il Centro di Cooperazione per un Istituto Internazionale di Ricerche Artistiche…

La mostra all’Oratorio de’ Disciplinanti rimarrà visitabile sino al 7 agosto (orario: dalle 17 alle 23, tutti i giorni ad eccezione del martedì). Per il prossimo sabato 16 luglio è inoltre previsto, a partire dalle ore 18, un particolare Omaggio al Maestro con il Site specific di Elena Rolla, nipote di Piero Simondo. Si tratta di una suggestiva performance di danza eseguita senza musica e che vedrà impegnata in una doppia esibizione della durata di 40 minuti la Compagnia torinese DAS, DanzAtelierStudios: in un intreccio in cui arti diverse si incontrano e si fondono, sette danzatori – Elisa Bertoli, Alberto Cissello, Vincenzo Criniti, Vincenzo Galano, Francesca Ossola, Elena Rolla e Sayouba Sigué – con coreografie ispirate al contesto delle opere e degli spazi espositivi accompagneranno i visitatori della mostra “come una meravigliosa musica di sottofondo, un accompagnamento però fatto di danza e non di musica, in quanto quest’ultima è percepita attraverso i movimenti dei danzatori”.

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