Su la Testa 2017 Prima serata

 


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di Alfredo Sgarlato – Inizia giovedì sera l’attesissima dodicesima edizione di Su la Testa. Dopo gli onori di casa da parte dei presentatori Lorenza Bertoglio, Alberto “Il Cala” Calandriello e Fabio Vosilla, il primo artista a salire sul palco è Hugolini. Ex leader dei Martinicca Boison, accompagnato da Orchestrale Mariani alla batteria, Francesco Cusumano alla chitarra e Ghiaccioli e Branzini all’elettronica, propone un pop spigliato e accattivante che mescola suoni sintetici e tropicali, con ritmi ipnotici e movimentati. Il testi non sono banali, lontani dal vecchiume imperante, e il quartetto conquista il pubblico, che è costretto ad alzarsi a ballare. Mi sembra un musicista molto più interessante di tanti fenomeni pompati ma di scarso valore come The Giornalisti, gli auguro di avere molto più successo rispetto a certi figuri.

Secondo set con i Blindur, duo di polistrumentisti, Massimo De Vita e Michelangelo Bencivenga, a cui si unisce in un paio di brani la graziosa violinista Carla Grimaldi, che uniscono nel loro suono il fascino per due isole, Irlanda e Islanda, separate da una lettera e dall’oceano. Quindi arpeggi folk di chitarra e banjo si fondono con lunghe distorsioni psichedeliche, in una musica che unisce vari stili in maniera convincente, e anche nel loro caso i testi non sono banali. A volte il suono è però fin troppo pieno, nel dopofestival, in dimensione acustica, il cantante mostrerà ancor di più le proprie, notevoli, doti vocali e strumentali.

Dopo l’intervallo ecco L’Aura, con Andrea Di Cesare al violino. La cantante e pianista bresciana mi è sempre parsa indecisa tra lo stile mainstream e quello “alternativo”: la dimensione live intimista le giova, e con bella voce esegue una serie di canzoni sia in italiano che in inglese, mostrando uno stile che sa emanciparsi dall’influenza delle grandi interpreti al femminile. Anche per lei molti applausi dal pubblico del Teatro Ambra.

Gran finale con i Perturbazione, alfieri nostrani di un pop di derivazione new wave che canta di amori perduti e vite di provincia (“bedroom pop” lo chiamerebbe un fanzinaro) che siamo più abituati a sentire da gruppi di Manchester o Glasgow che italiani. Gli arrangiamenti sono semplici ed efficaci, gli arpeggi delle chitarre dal suono pulito di Cristiano Lo Mele e i ritmi potenti di Rossano Lo Mele e Alex Baracco accompagnano la voce di Tommaso Cerasuolo, che si contorce dietro al microfono. Le canzoni più amate del gruppo come Agosto, L’unica, Del nostro tempo rubato, sfilano veloci, purtroppo l’ora è tarda e il set un po’ breve. In ogni caso un bel finale per una serata di musica di qualità, che porta molte aspettative per le prossime.

Dopo il concerto trasferimento a Palazzo Scotto Niccolari, arredate con grande gusto dalle ragazze dell’Associazione Zoo, e che espone i lavori dell’artista visuale Luca Del Sordo, per il dopofestival in cui Hugolini e Massimo De Vita dei Blindur imbracciano gli strumenti e divertono i presenti con canzoni italiane e irlandesi e sketch brillanti, divertendo i presenti fino a notte fonda.

*Foto di Paolo Moretti