Staminali, il punto del prof. vescovi in audizione alla Commissione infanzia

Superare l’assoluta e cronica mancanza di fondi, individuare adeguate tipologie di finanziamento, approvare nuove norme per gestire le banche di cellule staminali. Sono i passi che le istituzioni dovrebbero compiere per mettere a disposizione di tutta la comunità scientifica internazionale uno dei prodotti più avanzati della ricerca italiana: cellule staminali cerebrali di origine umana, ricavate oggi da tessuto fetale e domani dal corpo embrioide di cellule della pelle. Lo ha spiegato Angelo Luigi Vescovi, condirettore dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l’Istituto scientifico universitario San Raffaele e professore associato di Biologia Cellulare presso l’Università degli Studi di Milano, audito questo pomeriggio, nell’ambito dell’indagine sulla salute psicofisica dei minori, dalla commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta dall’on. Michela Vittoria Brambilla.


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Vescovi, uno dei maggiori esperti della materia, ha fatto il punto sulle applicazioni cliniche delle scoperte sulle staminali cerebrali. Gli studi più avanzati (avviati nel 2013) sono quelli sulla Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che evidenziano importanti recuperi funzionali nei primi pazienti umani sottoposti a test. Stanno partendo in questi giorni gli studi sulla sclerosi multipla (il 5 per cento delle diagnosi riguarda bambini). Nel 2019 cominceranno i test sulle lesioni spinali, che potranno dare risultati di rilievo anche per il trattamento della paralisi cerebrale infantile. “Ciò che avviene nel cervello colpito da ischemia – ha spiegato il professor Vescovi – è molto simile agli effetti di una lesione posttraumatica”.

La costituzione di una banca delle cellule staminali cerebrali è un importante risultato della ricerca nazionale. “Noi vorremmo – ha aggiunto Vescovi -metterlo a disposizione di tutti gli scienziati che nel mondo stanno lavorando su diverse patologie neurologiche. Per far questo, però, occorrono fondi e norme adeguate”. Sollecitato da uno dei commissari, il professore ha avuto parole durissime sul cosiddetto “metodo Vannoni”: “Espressione di cupidigia e di ignoranza senza limiti. Non avevano dati a disposizione, i pazienti dovevano pagare, non avevano garanzie di successo. Purtroppo le persone colpite da malattie così gravi e le loro famiglie sono in preda alla disperazione e perciò pronte a tutto”.

Ad un approccio totalmente diverso, fondato non sulla rigenerazione delle cellule ma su percorsi alternativi per il recupero attraverso i cosiddetti “neuroni specchio”, è stata dedicata la seconda parte dell’audizione, protagonista Elisa Maria Fazzi, Direttore dell’unità di Neurologia e Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università degli studi di Brescia, che ha richiamato l’attenzione, tra l’altro, sulla vera e propria “esplosione” di disturbi neuropsichiatrici, anche leggeri, tra i giovanissimi: ne sarebbero affetti circa il 15-20 per cento del totale dei ragazzi sotto i 18 anni.