Opera a Savona: il ‘Babbino caro’ di Campanella conquista tutti

di Laura SergiSavona. Bello il ‘Gianni Schicchi’ di Giacomo Puccini, al teatro Chiabrera di Savona lo scorso sabato. Un atto unico, preceduto da una breve prolusione, con tanti momenti divertenti, come quando i parenti leggono il testamento tutti insieme, e vedi le teste che si muovono da destra a sinistra all’unisono, o come quando il protagonista mima a più riprese una mano mozzata, per ricordare la terribile punizione in cui incorrono i falsari, o ancora quando un testimone offre la propria schiena a uso tavolino…


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Siamo a Firenze, nel 1299. Il ricco possidente Buoso Donati è morto, e attorno a lui ci sono i numerosi parenti che ne declamano le virtù. Ma è tutta scena… Dove diavolo infatti è finito il suo maledetto testamento, visto che si mormora che li abbia diseredati tutti quanti?
Trovati i fogli e letti, i timori sono confermati, e monta la rabbia a tutti. Anche a Rinuccio, innamorato di Lauretta, che sperava in questo modo di avere la possibilità economica di sposarla, lui senza soldi, lei anche di umili origini.

Però, forse… c’è una possibilità: far intervenire l’astuto Schicchi, padre dell’amata. Ma quando questi mette piede nella casa, Zita-detta la Vecchia lo offende e costui se ne andrebbe subito, se non lo implorasse la figlia Lauretta… (e questo momento è stato il più bello di tutto il pomeriggio, con un ‘Babbino caro’ che ha confermato la maturità artistica di Linda Campanella, e ammaliava tutti quanti: l’intero cast sul palco che la guardava rapito nonché il direttore Giovanni Di Stefano, anche presidente dell’Opera Giocosa, che poi si unirà, in via eccezionale, all’applauso del pubblico).

Dicevamo che Lauretta convince Gianni Schicchi a rimanere, cosicché questi pensa, ripensa, e poi escogita la truffa: vestirà i panni del morto, imiterà la voce del Buoso, e detterà al notaio un nuovo testamento. Sono felici, i parenti, ma anche incontentabili: mentre ognuno a voce alta chiede qualcosina per sé dell’eredità, in realtà punta ai beni più preziosi (la casa, la mula e i mulini). E offre a Schicchi, di nascosto, un compenso in denaro.

Ecco, il momento è arrivato: c’è il notaio che crede di parlare con il Buoso, e Schicchi emula una voce sofferente, nascondendosi dentro un letto a baldacchino. Parrebbe accontentarli tutti quanti, in realtà lascia loro solo i soldi divisi equamente, e quel ‘qualcosina’, ma i beni importanti sono tutti per lui! E per di più, la povera Zita deve anche provvedere di tasca propria a pagare notaio e testimoni…
Non possono, i parenti, svelare la truffa e bloccare questi lasciti: sarebbero tutti condannati al taglio della mano e all’esilio.

Questo è stato il momento clou per il protagonista della storia, Stefano Antonucci, baritono di fama internazionale, tante volte apprezzato al Carlo Felice di Genova, che con Campanella si è affiancato agli studenti dei corsi di secondo livello del Conservatorio di musica Puccini della Spezia. Già con il suo ‘Addio Firenze, addio cielo divino’, li aveva messi in guardia dal pericolo che correvano tutti quanti, se la truffa fosse stata scoperta, e ora intercala attimi dello stornello alla dettatura del falso testamento.

Sempre in scena tutti, unica eccezione Lauretta, per un’opera che nasce per sfruttare le tante variazioni timbriche del cast e degli strumenti orchestrali, giungendo ad un risultato piacevole, anche perché, se c’è abbondanza di cinismo nella trama, c’è pure il giusto scopo nella mente del protagonista: che Rinuccio (Norbert Nagy) e Lauretta possano sposarsi e vivere felici. A questo si appella lo Schicchi nel finale, chiedendo clemenza al pubblico.

Citiamoli tutti, i nomi che completano il cast: la grintosa Fulvia Bertoli (Zita), l’infortunato Kitaya Kentaro, Carolina Pacchiarotti, il giovanissimo Lorenzo Cirillo, Daniel Paganini, Alessandro Martinello, Daniele Vannuccini, Son Eun Joo, Riccardo Montemezzi, Massimo Dolfi, Raffaele Feo e Roberto Pellegrino, quest’ultimo spaesato agli applausi, perché interpretava il Buoso (che, poverino, né parla, né canta). Regia di Luca Ferraris, costumi di Anita Lamanna, luci di Amerigo Anfossi. In buca, l’Orchestra del Conservatorio di musica spezzino, per il nuovo allestimento che è una produzione del Conservatorio e della Società dei concerti della Spezia, in collaborazione con il nostro Teatro di Tradizione (nella foto, Campanella e Antonucci).

E ora c’è attesa per il terzo evento del calendario autunnale dell’Opera Giocosa: ‘Notte per me luminosa’, di Marco Betta, domenica 11 dicembre, alle ore 17, sempre al Chiabrera (lunedì 12, due spettacoli per le scuole).