LA NONNA DEL CORSARO NERO – Intervista a Simona Vespo, Donna Concetta

di Sandra Berriolo – (Albenga). Simona Vespo (Assessore Politiche Simona Vespo SB1sociali, Volontariato, Pari opportunità ed Ufficio casa). Oggi incontro una veterana, non posso chiederti dell’emozione del primo Consiglio comunale! «Come no? Sono in Consiglio dal 2001 ma questa volta è stata la più emozionante! Sento molto la responsabilità di essere stata scelta da tante persone e poi per le cariche assegnatemi; con incarichi così importanti ti rendi conto che essere Consigliere Delegato o Assessore son cose diverse. Fare il Delegato è contribuire all’andamento della cosa pubblica, ma essere Assessore significa decidere effettivamente ciò che può essere buono per la cittadinanza. Ci metti la faccia e la firma».

Quindi una promozione: «Sì, una promozione sul campo dopo anni di presenza e impegno sul territorio».

Un bel traguardo per una figlia di immigrati meridionali che da piccola vedeva sui portoni i cartelli “non si affitta a meridionali”: «I primi tempi che mi dedicavo alla politica attiva ed ero eletta in Consiglio forse vivevo un po’ di rivalsa personale con l’orgoglio di avere un incarico importante; ma c’era peraltro ancora molta diffidenza nei miei confronti, in quanto non albenganese e pure donna. Oggi non avvertendo più questa chiusura di diffidenza non mi sento neppure più la meridionale che si è riscattata: per la Città sono di Albenga come tanti altri. Adesso, dopo anni, mi accorgo che la gente apprezza la mia spontaneità, così io ho acquistato sempre più fiducia in me stessa».

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La spontaneità con la politica non c’entra molto… «Può darsi ma io non so scimmiottare nessuno e preferisco rimanere me stessa nonostante gli incarichi. Mi sento sempre a disposizione degli altri e penso che essere salutati da tutti perché sei Assessore non ha lo stesso valore di essere salutato da tutti anche quando non lo sei».

Ti piace lavorare in squadra? «Sì e credo che il lavoro insieme agli altri sia fondamentale: da solo alla fine non vai da nessuna parte. Gli assessori devono intersecarsi, lavorare trasversalmente e ugualmente la collaborazione ci deve essere anche da parte dei cittadini e con i cittadini, chiedendo pareri, consigli, punti di vista. La cittadinanza non deve subire dall’alto ma sentirsi ascoltata e quindi responsabile del cambiamento delle situazioni».

Sempre utile il lavoro di squadra? «Sì, sì… ad esempio avevo pensato di non candidarmi questa volta ma la mia famiglia mi ha stimolato e rassicurato ed eccomi qui».

Sei stata Consigliera delegata alle Pari Opportunità in un’altra Amministrazione. C’è ancora necessità di perseguire le Pari opportunità? «Intanto in quella Amministrazione ho avuto l’occasione di andare a chiedere un confronto con tutte le Associazioni femminili per creare una rete e valorizzare la figura femminile e le Associazioni stesse, che spesso la cittadinanza non conosce bene. Avevo stimolato la loro voglia di lavorare, anche insieme, cercando di dare loro visibilità. E poi le Pari opportunità riguardano non solo le donne ma diverse altre tipologie di persone».

E allora servono anche le quote rosa? «In teoria non mi piacciono, però sì, in effetti senza le quote rosa adesso non avremmo tutte queste donne in Consiglio comunale. Nella vita quotidiana certo c’è ancora da migliorare e lottare per i diritti delle donne. Però le donne dovrebbero evitare di imporsi con atteggiamento arrogante e maschile; bisogna mantenere il ruolo di donna e tenere buoni rapporti con tutti con pacatezza. In fondo le famiglie son sempre state portate avanti dalle donne, che hanno sempre fatto sacrifici anche per tenere unite le famiglie».

E tu che doti credi di avere, caratterialmente? «Tenacia e caparbietà, spirito di sacrificio appunto. Senza impegno non vai da nessuna parte. Che sono poi i valori che mi arrivano dai miei genitori. Insieme alla lotta per il rispetto sociale. Quelle frasi tipo “ricordati che hai sempre mille sguardi puntati su di te” oppure “comportati bene, sii gentile, rispetta gli altri tu per prima” fanno parte di me per tante volte che me le hanno dette».

Quindi la tua famiglia, anche quella che hai creato tu, è stata ed è importante come sostegno: «Certo, anzi è l’unica cosa di cui son sicura nella mia vita: il mio amore per loro e il loro sostegno per me. Perché per il resto son sempre assalita dai dubbi e tutto quello che ho avuto è stato conquistato lavorandoci».

E cosa fai quando hai dubbi? «Vado sulla passeggiata e parlo al mare. Lo amo ma è il mio avversario. Il movimento delle onde mi ricorda il mio costante conflitto interno “avrò fatto bene? Avrei dovuto fare diversamente?”. Ma questo succede dopo, prima invece -cioè quando si tratta di fare una cosa che mi interessa – mi butto lo stesso a capofitto sia che si tratti di lavoro che di situazioni che riguardano la famiglia o gli amici, sperando solo che il mio darmi da fare sia apprezzato».

E invece andare al mare per prendere il sole? «Amo molto il sole; io sono un po’ come gli Incas, per me è una vera sorgente di vita. Ma il sole ce l’ho anche sul terrazzo, non devo per forza andare sulla spiaggia. Anzi confesserò che quando la mattina vedo sorgere il sole dietro la Chiesa di Fatima questo abbinamento mi suscita emozione e altre cose che son solo mie e non le dico a nessuno; neppure a te adesso!».

Vabbè, un tuo sogno nel cassetto me lo puoi dire? «Mi piace leggere romanzi storici d’avventura, tipo Ken Follet. Mi piacerebbe scrivere un romanzo storico sulla vita politica moderna di Albenga, ripercorrendo le vicissitudini della Città e creando per ciascuno dei politici un personaggio che corrisponde per carattere».

E invece in attesa di questo colossal? «Scrivo le mie riflessioni su un quaderno; così col tempo posso fare autocritica per migliorare e vedere dove devo imparare ad essere più decisa, più dura se è il caso».

E cosa fai invece per distrarti dai pensieri quotidiani? «Ballo! Liscio o anni ’60 e ’70. Il mondo senza musica sarebbe come senza aria. Vado con mio marito a ballare soprattutto il liscio ma a casa mi agito con la disco music anche mentre faccio i lavori. Il ballo è dare una sforbiciata ai problemi, come il giardinaggio: svuotano la mente che altrimenti è sempre in movimento. Comunque la musica che ascolto cambia anche in base al mio stato d’animo: per rilassarmi Vivaldi, per piangere mi ci vuole Schubert, per l’energia la disco anni ’80, così faccio anche ginnastica».

Chi l’avrebbe detto! E adesso stupiscimi con qualcos’altro, tipo: cosa volevi fare da grande? «La neuropsichiatra infantile. Ma la situazione economica di famiglia e soprattutto la mentalità di mio padre non me lo hanno permesso. Per lui era impensabile che io stessi lontana da casa di notte, tipo a Genova per studiare. Avrei dovuto abitarci con tutta la famiglia, allora non mi avrebbe certo precluso la possibilità di laurearmi. Non era un discorso di negatività culturale verso le donne, ma proprio anche di gelosia e tranquillità sua nei confronti di una figlia femmina».

rubricasandrahome1Invece sarai stata stimolata a fare la brava casalinga; la cucina ad esempio? «Mah in realtà spesso cucina mio marito. Non che io non sia capace, anzi la mia specialità è la cacciagione. Sono anche brava coi “primi ad inventiva” ovvero con quello che è rimasto in frigo. Però non accetto volentieri i suggerimenti di nessuno; ciascuno fa a modo suo e in ogni modo lo stesso piatto può piacermi comunque».

Va bene, cosa vuoi fare da grande? «Per adesso svolgere bene il ruolo che mi è stato assegnato. Voglio aiutare le persone ad aiutarsi; quindi no all’assistenzialismo ma far capire che la maggior parte di quelli che si rivolgono ai servizi assistenziali in realtà hanno delle risorse interiori, e non solo, per sopperire almeno quella volta al loro disagio. Mi spiego: se una persona dice di non trovare lavoro ma io gli posso dimostrare che iscrivendosi al collocamento (anche se non si chiama più così) e adattandosi anche un po’, si fa un piccolo passo; diventa però un grande passo perché si riacquista fiducia in se stessi e ci si riaffaccia alla società sentendosi apprezzati e utili, qualunque sia il lavoro trovato. Certo, ci vorrebbe anche la collaborazione delle attività commerciali, le imprese, le ditte di vario genere che collocassero temporaneamente queste persone a costo zero (per i fondi ci sono stanziamenti della Regione). E poiché vengo da una famiglia di lavoratori semplici ma tenaci posso essere credibile quando incontro chi viene a chiedere senza intenzione di metterci niente del suo impegno».

Quindi questa meridionalità riscattata un po’ viene ancora fuori? «Nella vita ho avuto a volte crisi di identità, in effetti. Sono nata qui, ho avuto compagni e amici di qui ma ora credo proprio di aver capito di essere “Donna Concetta” cioè di avere una indole e una mentalità più siciliana che ligure: ospitale, espansiva, il senso di protezione della famiglia, persino la cucina. Adesso insomma comincio a conoscermi veramente».

* Nella foto (SB): Donna Concetta a pranzo, con uno Sciacchetrà ligure

* La Nonna del Corsaro Nero: la rubrica Corsara di Sandra Berriolo

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