Sequestro gruppi a carbone Tirreno Power, Medicina Democratica Onlus: “una prima misura da consolidare ed estendere”

LETTERE&INTERVENTI – Medicina Democratica Onlus di Savona e il centrale TP 00Direttivo Nazionale valutano positivamente l’iniziativa della Magistratura, che pone un primo importante stop al pesantissimo inquinamento causato da decenni dalla combustione del carbone nella Centrale Tirreno Power di Quiliano/Vado Ligure.


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I temi emersi dalla indagine riguardano diversi aspetti. Principalmente il pesantissimo inquinamento ambientale provocato dalle emissioni e dalla gestione complessiva delle unità a carbone, i danni alla salute delle popolazioni ancor più accentuati dal colpevole ritardo nella ridefinizione delle autorizzazioni (Autorizzazione integrata ambientale delle sezioni esistenti) e dalle ulteriori mancanze nella attuazione della tardiva e per diversi aspetti inadeguata autorizzazione.

Per questo mettiamo in guardia dai facili entusiasmi in quanto il sequestro dell’impianto è basato solo sul mancato rispetto di alcune prescrizioni contenute dall’AIA e potrebbe essere un ostacolo facilmente rimovibile (la questione è ben presente alla magistratura che vi dedica un importante passaggio nell’atto di sequestro). Se si è arrivati fin qui le responsabilità sono chiare, basta seguire il “filone” della AIA per individuarle.

La AIA ha avuto una procedura e un esito che fanno emergere la piena subordinazione della Regione Liguria, del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dello Sviluppo Economico agli interessi della Tirreno Power. L’andamento nella trattazione della autorizzazione per le sezioni esistenti (iniziata nel 2007 e conclusa a dicembre 2012) è facilmente individuabile. Dopo quasi quattro anni di inerzia solo dopo l’accordo (“intesa”) tra Regione e Società (Delibera Giunta Regionale 3087 del 20.12.2011) tutto si “velocizza”. Il Ministero dello Sviluppo emana (marzo 2012) l’autorizzazione unica per la nuova centrale (VL6) che nel 2009 aveva superato positivamente la procedura di VIA prima ancora che la società richiedesse l’autorizzazione integrata ambientale.

La procedura di AIA si rimette immediatamente in movimento e accelera così velocemente da completare l’iter tecnico in circa tre mesi; non solo, del tutto irritualmente la nuova sezione a carbone viene “innestata” nella procedura e nonostante non venga depositata alcuna documentazione progettuale di dettaglio viene approvata (con la posizione contraria dei Comuni) una AIA complessiva che permette alle vecchie sezioni di continuare a funzionare fino alla loro ricostruzione. Condannando le popolazioni a sopportare un impianto a carbone ancora più potente (ancorché “ammodernato/moderno”) per altri decenni.

Certo, il non aver rispettato neppure le prescrizioni tolleranti contenuti nella AIA rispetto ai livelli ottenibili dalle migliori tecnologie e rinviando ancora (alla ricostruzione delle sezioni esistenti) anche il rispetto integrale dei limiti previsti dalle precedenti autorizzazioni, rende l’idea di come l’azienda abbia in scarsa considerazione il rispetto delle norme e come gli enti preposti siano poco propensi ad agire per il rigoroso rispetto delle stesse.

Nell’atto di sequestro è ben evidenziato il danno aggiuntivo (nell’ambito di quello complessivo) dovuto alla continuazione della attività delle sezioni a carbone talmente obsolete che non si è voluto (né l’impresa riteneva fossero economicamente sostenibili) adeguarle alle migliori tecnologie esistenti e neppure a prescrizioni pregresse (il decreto del Ministero dell’Ambiente del 2001 connesso con la realizzazione delle sezioni a gas imponeva interventi, solo parzialmente realizzati, su quelli a carbone).

E allora perché non decidere il sequestro cercando sostegno nelle leggi vigenti piuttosto che ad un’AIA che, per alcuni aspetti, le scavalca e distorce palesemente? A questa domanda una parte della risposta va individuata nelle differenti competenze e procedure (penali e amministrative) e dunque alle limitazioni di intervento che la magistratura può avere di fronte a decisioni politiche (in questo caso principalmente della Regione) che si tramutano in atti amministrativi a favore della Tirreno Power. Si tratta di atti che negano l’evidenza della insostenibilità dell’inquinamento attuale e pregresso, “promettono” miglioramenti futuri (tra 10 anni, almeno, tutti da verificare e comunque solo parziali) e giustificano, nel frattempo, la continuazione degli impatti.

Va comunque rilevato che le motivazioni della magistratura presentano un condivisibile riferimento alla importanza della attuazione o meno delle migliori tecnologie disponibili (e delle relative performances ambientali di impianti) al di là di obblighi amministrativi, come pure del principio di precauzione concretamente applicato ad impianti esistenti. Ci attendiamo che tali ragionamenti trovino ulteriore spazio nel proseguo della misura preventiva del sequestro come della azione giudiziaria successiva.

Comunque sia, in condizioni come quelle in esame e in altri simili (es. ILVA) non è (mai) sufficiente il lavoro di magistrati anche quando dimostrano di prendere sul serio il loro compito e si muovono in modo rigoroso, con determinazione e coerenza.

È la politica, nel senso della iniziativa e la partecipazione diretta delle popolazioni esposte che può fare la differenza: non si può delegare a nessuno la soluzione di un problema che avrebbe potuto e dovuto essere risolto da parecchi anni, e con altre modalità, se ognuno, istituzioni, organismi di controllo e rappresentanze dei lavoratori avessero svolto correttamente la loro funzione di tutela degli interessi collettivi.

Da parte nostra continueremo nello specifico lavoro di raccolta della documentazione sanitaria dei cittadini che si sono ammalati o sono deceduti, per costruire un dossier da consegnare alla Magistratura, non solo per ridare un nome ed un cognome alle vittime oggi conosciute solo sotto forma di aridi numeri statistici, ma anche per offrire loro la possibilità di ottenere un giusto risarcimento per i danni alla salute subiti. Analogamente sosterremo le iniziative di carattere giudiziario anche sotto il profilo tecnicoambientale forti delle conoscenze che abbiamo raccolto e valutato nel tempo sulla vicenda.

* Medicina Democratica Onlus – Movimento di Lotta per la Salute