Finale Ligure: gli appuntamenti per le Giornate Fai di Primavera

Il FAI, Fondazione nazionale senza scopo di lucro, dal 1975 promuove una Abbazia Pia 2cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni italiane e tutela un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità.

La missione del FAI è quindi quella di salvare, restaurare e aprire al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano.

Le Giornate Fai di Primavera, arrivate quest’anno alla ventiduesima edizione, sono l’evento più importante organizzato dalla Fondazione per far conoscere e amare, a sempre più persone, piccoli e grandi gioielli del nostro Paese. Un incontro tra il FAI e la gente, una straordinaria festa di piazza resa possibile dal supporto di tantissimi volontari e “Apprendisti Ciceroni”.

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Le Giornate di Primavera si terranno, come ogni anno, sabato 22 e domenica 23 marzo (sabato dalle 16 alle 18, domenica dalle 10,30 alle 18).

Per l’edizione 2014, la delegazione FAI di Albenga-Alassio ha scelto la città di Finale Ligure. Con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, organizzerà nelle giornate del 22 e 23 marzo delle visite guidate a offerta libera al Chiostro e alla Sagrestia dell’Abbazia di Santa Maria a Finalpia, alla Pieve del Finale a Finalmarina, al Museo Archeologico, ai Chiostri di Santa Caterina e al Teatro Aycardi a Finalborgo. I visitatori, oltre a essere accolti dai volontari del FAI, presenti negli appositi banchetti, saranno accompagnati dagli “Apprendisti Ciceroni” per le visite. Si tratta di ragazzi del Liceo Issel e dell’Istituto Alberghiero Migliorini di Finale Ligure, dell’Istituto Falcone di Loano, del Liceo Scientifico Giordano Bruno di Albenga, dell’Istituto Salesiano Don Bosco e dell’Istituto Alberghiero Giancardi di Alassio.

I ragazzi saranno provvisti di schede storiche e, nell’accompagnare le persone durante le visite, racconteranno la storia del bene in questione, in modo da portare a conoscenza il pubblico di nozioni rilevanti, spesso poco conosciute.

Come ogni anno il FAI coglie l’occasione per puntare i riflettori su un luogo non aperto solitamente al pubblico, per far conoscere realtà che altrimenti rischierebbero di passare inosservate, e con le Giornate di Primavera si avrà la possibilità di visitare il Teatro Aycardi. Inoltre, nei chiostri dell’Abbazia di Finalpia, sarà visitabile una mostra fotografica di Carlo Lovisolo sulla natura e il territorio finalese. Il Fai ha invitato i negozianti di Finale Ligure ha partecipare al concorso per le più belle vetrine fiorite. Una commissione, composta dal presidente del Garden Club provinciale e da rappresentanti del Fai, visionerà le vetrine e premierà le tre migliori.

Parcheggi disponibili a Finalborgo e trenino navetta da Finalborgo a Finalmarina e Finalpia (corse a rotazione nelle due giornate).

SANTUARIO DI S. MARIA PIA – Il Santurio di N.S. di Pia domina lo sbocco della valle da cui prende nome ed è un antico centro di cultura e religione benedettina. L’origine del culto mariano in Val Pia si perde nel passato. Il primo documento che riferisca di una cappella dedicata alla Madonna è del 1140. Tuttavia la presenza di una chiesa vera e propria è attestata solo nel 1302. Di tale chiesa non avanzano che alcuni archi a sesto acuto e il bel campanile ancora intatto (XIII sec.) a sette piani di bifore, con archi tondi lavorati ciascuno in un solo blocco con colonnine e capitelli in pietra del Finale. Si tratta di uno dei più significati esempi di campanili del Duecento in Liguria (transizione tra romano e gotico). Lungo i secoli XIV e XV si alternarono monaci e secolari fino a quando, nel 1477, sotto il Marchese Galeotto del Carretto fu decisa la costruzione, accanto alla chiesa, di un monastero, affidato ai Benedettini della Congregazione di Monte Oliveto. Nell’ultimo scorcio del secolo il convento si ingrandì e fu costruito il primo chiostro in pietra del Finale, ultimato solo moltissimo tempo dopo, nel 1921 (un secondo chiostro fu iniziato in quest’anno e finito nel 1944). Al principio del 1700 su disegno di Gerolamo Veneziano detto il Fontanetta, da Noli, la chiesa fu ricostruita ad una sola navata e seguendo i canoni dell’architettura barocca. Il quadro della Vergine fu inquadrato nel sontuoso altare in marmo policromo donato dai conti Prasca (1728). Il monastero custodisce la veneratissima tavola della Vergine con il Bambino di Nicolò Da Voltri (fine del XIV secolo, inizio del XV) e varie opere d’arte che risalgono al periodo più fiorente del complesso religioso (inizio XVI secolo): tre gruppi in terracotta della scuola dei Della Robbia (Vergine allattante col Bambino, la Pietà, la Vergine col Bambino e S. Giovanni Battista); il grande tabernacolo del Quattrocento con la Crocifissione e quattro Santi laterali. Nella prima metà del Quattrocento soggiornò a lungo nel monastero fra Antonio da Venezia, celebre intagliatore del legno, che vi lasciò un gruppo di lavori di prim’ordine (mobili del coro e altri oggetti minori). I monaci olivetani rimasero a Finalpia per tre secoli, fino al 1799 quando furono colpiti dalle requisizioni successive all’invasione napoleonica. Dopo alterni avvicendamenti tra secolari, olivetani e cassinensi, nel 1905 il monastero venne definitivamente restituito ai monaci sublacensi che vi risiedono tuttora.

PIEVE DEL FINALE – La Pieve del Finale, monumento paleocristiano e altomedioevale, è una scoperta relativamente “recente” essendo stata messa in luce negli scavi del 1940 e il 1945. Si trova esattamente sotto l’attuale Chiesa dei Padri Cappuccini e segna la località ad fines ove convennero da epoca remota gli abitanti dei dintorni per darsi un’organizzazione comune. Sacra a S. Giovanni Battista, fu per dieci secoli circa la chiesa battesimale di tutto il Finale, finché le sue prerogative passarono alla più grande collegiata. Oggi la pieve si presenta come una grande aula rettangolare absidata e si sovrappone direttamente a livelli d’uso di età imperiale romana (I-IV secolo). Alcuni reperti suggeriscono, infatti, che la chiesa primitiva sarebbe sorta sull’area di un abitato romano, probabile centro del pago Pollupices. Gli scavi della Pieve hanno riportato alla luce l’altare in muratura, la “confessione” per le reliquie dei Martiri, i resti della “schola cantorum”, la vasca battesimale, un’iscrizione funeraria (epigrafe di Paula) con la probabile data della chiesa (517 d.C.), due tombe a cassa laterizia del IV e V secolo, i pilastri del successivo allargamento a tre navate (VII o VIII secolo). Altre modifiche della chiesa risalgono al XII-XIII secolo; quelle decisive, che trasformarono l’interno alla maniera barocca, al Seicento.

MUSEO ARCHEOLOGICO – Il Museo, di proprietà del Comune di Finale, è stato fondato nel 1931. Oggi è collocato all’interno del complesso monumentale di Santa Caterina in Finalborgo, dove nel 1976-77 Oscar Giuggiola ne curò un primo allestimento nei nuovi spazi resisi disponibili dopo un iniziale attento restauro curato da Nino Lamboglia ed Ugo Mazzarelli. Grazie alla decisione dell’Amministrazione comunale, fu creato un primo nucleo di quello che nel tempo è diventato un polo espositivo e di valorizzazione del patrimonio culturale, incentrato sulle testimonianze storico-archeologiche provenienti da oltre cent’anni di ricerche sul territorio finalese, realtà unica in Liguria per le peculiari valen­ze natu­ralistiche, ambientali, storiche ed archeologiche.

Il museo è recentemente stato oggetto di un riallestimento del percorso espositivo, organizzato secondo un criterio cronologico. Partendo dalla formazione del territorio, si ripercorre un ideale racconto, iniziato 350mila anni fa con la comparsa delle prime tracce dell’uomo nel Finalese, che permette di conoscere le diverse culture che si succedettero dalla preistoria fino ad oggi. Postazioni multimediali touch-screen, audioguide multilingue, ricostruzioni e ambientazioni scenografiche, insieme a reperti originali e apparati didattici, rendono la visita particolarmente piacevole e coinvolgente. Il Museo non costituisce però solo la sede dove nel tempo si sono stratificate le testimonianze della presenza umana nel territorio, ma è una istituzione viva, che mantiene uno stretto contatto con la realtà che lo circonda e con la quale continuamente si compenetra attraverso lo studio e la ricerca di sempre nuovi aspetti della storia e delle vicende umane che la hanno caratterizzata.

CONVENTO E CHIOSTRI DI S. CATERINA – La chiesa e il convento di S. Caterina, oggi quasi interamente restaurati, rappresentano il più importante complesso monumentale di Finalborgo ed un contenitore culturale di eccezionale importanza. Attualmente ospitano, infatti, il Museo Archeologico, una Sala Congressi, l’Oratorio dei Disciplinanti riservato a Mostre ed Esposizioni. Il complesso fu voluto, nel 1359, dai Marchesi del Carretto con l’intento di dotare la famiglia di un’area sepolcrale monumentale, riaffermando al contempo il proprio prestigio e potere. Costituendo una specie di “zona franca” nel confronto sociale e politico del tempo, fu risparmiato nel saccheggio del 1448. Occupato dai Domenicani dal 1381 al 1802 (soppressione degli ordini religiosi), dal 1864, per circa un secolo fu destinato a reclusorio. La primitiva chiesa dedicata a S. Caterina (prima metà del XV secolo) aveva tre navate, con colonne in pietra del Finale e tre absidi (due quadrate e una semicircolare) rivolte a Nord. Subì profonde trasformazioni (compreso lo spostamento dell’abside dal lato opposto) nella prima metà del XIX secolo ed in seguito alla trasformazione del complesso in carcere. Da piazza S. Caterina è possibile osservare il fianco sud della chiesa con i portali gotici detti “delle Donne” e “degli Uomini” (uno ornato dal fregio con l’Agnus Dei e gli stemmi dei Del Carretto) e la torre campanaria. Affiancano il corpo della chiesa due splendidi chiostri comunicanti tra loro di epoca rinascimentale, dovuti al Cardinale Carlo Domenico Del Carretto, costruiti tra il 1500 e il 1530 nel periodo di massimo splendore del complesso conventuale (in questo periodo S. Caterina è culla di alcune figure di spiccata santità legate all’ordine domenicano). I chiostri sono circondati da locali di varie epoche e, al piano superiore, quelle che una volta erano le sale e le celle che ospitavano i monaci, accolgono oggi gli importanti reperti del Museo Archeologico del Finale.

TEATRO AYCARDI – “Un piccolo teatro sì, ma elegante vi fu fatto edificare – scriveva Goffredo Casalis nel 1840 – in sul principio di questo secolo da varie persone di questa città a proprie spese”. Le più importanti famiglie di Finalborgo, nel 1803 avevano, infatti, stilato un programma con l’intento di dotare la città di “un conveniente locale” che contribuisse ad abbellirla, “all’istruzione della gioventù, ed a formare i buoni costumi”. Il teatro, capace di 250 posti distribuiti in 24 palchi e una piccola platea, fu ricavato utilizzando l’Oratorio dei Padri delle scuole Pie, secondo il disegno dell’ingegnere Nicolò Barella. Lungo l’Ottocento, ospitò con buona regolarità compagnie di prosa e di musica. Come fatto indicativo della grande passione dei finalborghesi per la musica, si ricorda l’allestimento da parte dei filodrammatici locali di un’opera appositamente scritta per l’Aycardi, L’empirico ed il Masnadiero, su libretto di Lazzaro Damezzano e con la musica di G.B. Oldoini, nel 1845. Nella seconda metà dell’Ottocento non mancarono rappresentazioni delle più celebrate opere di Bellini, Donizetti e Verdi. Nel Novecento il teatro fu utilizzato soprattutto dai filodrammatici locali, dai circoli culturali, e dall’Accademia Filarmonica. Il Teatro Aycardi fu chiuso per inagibilità nel 1965. In attesa del recupero integrale, negli ultimi anni sono stati effettuati interventi di restauro del tetto e della facciata.